Università sotto ricatto: la formazione non è sfruttamento

Tramite decreto ministeriale n 987/2016, senza nessun confronto con gli studenti e le studentesse, neppure con il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, che pure aveva approvato all’unanimità una mozione contraria, la Ministra Giannini ha emanato come ultimo atto prima delle dimissioni, una misura gravissima che istituisce una forma distorta di Laurea Professionalizzante.

Istituire dei corsi di laurea a numero chiusissimo, il cui accesso è riservato a soli 50 studenti è folle, ed è distorsivo del sistema universitario poichè l’attrattività del corso non sarà sulla base della qualità della didattica o degli interessi degli studenti, ma basata sulla promessa del posto di lavoro. Così come è folle che siano le aziende a poter scegliere la formazione universitaria, minando gravemente la libertà degli studi e degli insegnamenti, e che siano obbligatori tra i 50 ed i 60 cfu di tirocinio (praticamente 1/3 dell’intero percorso di studi) presso quelle stesse aziende, senza alcuna tutela e garanzia: questa si chiama formazione professionale e non ha nulla a che fare con l’università”.

Le università si troveranno sotto ricatto, poiché i corsi di laurea potranno essere accreditati dal 2021 solo se gli studenti laureati avranno una soglia di occupabilità superiore all’80%: per far sopravvivere i corsi non sarà possibile porre limiti all’ intrusività delle aziende nei curricula, le università dovranno rendere quanto più specifica e quindi attrattiva possibile la formazione per quella azienda che prometterà posti di lavoro.

Con questo folle decreto, il Ministero si è preso una responsabilità gravissima: avallare un precedente che fa dell’occupabilità il criterio di valutazione della qualità degli insegnamenti. Non siamo disposti ad accettare questa misura, chiediamo quindi alla nuova Ministra Fedeli di ritirare immediatamente il decreto e di aprire un tavolo di confronto serio, in cui vengano coinvolti gli studenti e le studentesse, che sono pienamente disponibili a discutere del rapporto tra mercato del lavoro ed università, ma non possono accettare che lo sfruttamento diventi formazione.

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