Sono oltre 65 milioni i bambini sfollati nel mondo

ROMA – Una popolazione tra le piu’ giovani e con il tasso di crescita demografica piu’ alto al mondo, ma in fondo alla classifica globale per il tasso di frequenza scolastica e con un livello allarmante di mortalita’ infantile per cause prevenibili, come la polmonite: sarebbero questi gli indicatori chiave dell’ipotetico paese “creato” da Save the Children, immaginando di raggruppare tutti i rifugiati del mondo in un unico paese, con l’obiettivo di attirare l’attenzione sui loro bisogni e fare chiarezza sulla loro situazione.

Un paese che sarebbe 21mo al mondo per numero di abitanti, davanti a nazioni come l’Italia e il Regno Unito. Il nuovo rapporto “Forced to Flee: Inside the 21st Largest Country” (“Costretti a fuggire: dentro al 21mo Paese al mondo”) diffuso oggi da Save the Children prende in esame i principali indicatori sulle condizioni di vita del “21mo paese” confrontandoli con quelli degli altri paesi, in particolare sulle aree che influiscono sul benessere dei bambini – dall’educazione, all’accesso alla salute e all’acqua, fino alla mortalita’ materno-infantile e alla disoccupazione.

Dai risultati emergono da un lato le enormi difficolta’ che rifugiati e sfollati interni devono affrontare, ma dall’altro il prezioso contributo che questi potrebbero apportare ai paesi e alle comunita’ ospitanti se venisse loro permesso di lavorare legalmente. Ogni giorno, recita un comunicato dell’organizzazione non governativa, i conflitti e le persecuzioni costringono quasi 34 mila persone nel mondo – 24 persone al minuto – a fuggire dalle loro case per cercare rifugio altrove. “Cosi’ come nel caso del team di rifugiati creato dal Comitato olimpico internazionale che abbiamo visto gareggiare di recente nelle Olimpiadi di Rio, immaginare tutte le persone in fuga come residenti di un unico paese e’ un modo per sottolineare le proporzioni di questo dramma e ricordarci quanto sia urgente dare risposta ai loro bisogni: una popolazione di queste dimensioni non puo’ essere semplicemente ignorata,” ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia.

 Uno dei dati piu’ allarmanti e’ la velocita’ a cui la popolazione del 21mo paese sta crescendo. Il numero di persone rifugiate e sfollate e’ passato da 59,5 milioni nel 2014 a 65,3 milioni nel 2015: un aumento annuo del 9,75 per cento, superiore a qualsiasi altro paese al mondo. Al ritmo attuale di crescita, potrebbe diventare il quinto paese entro il 2030. L’eta’ media, prosegue l’analisi, e’ tra le piu’ basse in assoluto, con meta’ della popolazione che ha meno di 18 anni. Molti di loro non hanno conosciuto altro che instabilita’ e conflitti nel corso della loro vita e il numero di minori costretti a fuggire da soli dalle loro case e’ in aumento. In Europa, nel solo 2015, 96 mila minori non accompagnati hanno presentato richiesta d’asilo; il 40 per cento di loro erano minori afghani, che avevano dovuto affrontare da soli un viaggio di 48 mila chilometri. 

l rapporto evidenzia come il 21mo paese sia ultimo a livello globale per l’accesso alla scuola secondaria e quartultimo per quello della scuola primaria (con il 50 per cento di bambini esclusi, davanti solo a Liberia, al 62 per cento, Sud Sudan ed Eritrea, entrambi al 59 per cento). Per le famiglie che vivono in una zona di conflitto, mandare i bambini a scuola e’ spesso troppo rischioso, a causa dei ripetuti attacchi agli istituti scolastici: in Repubblica Centrafricana, per esempio, si stima che quasi un terzo delle scuole del paese siano state attaccate durante la guerra civile e piu’ dell’8 per cento sia stata usata dai gruppi armati come base operativa. Per le famiglie in fuga dai conflitti, come dimostrano le evidenze raccolte da Save the Children, i bisogni educativi dei bambini erano una delle motivazioni piu’ forti che li aveva spinti a fuggire dalla guerra, eppure possono passare mesi o addirittura anni prima che molti di loro riescano a iscrivere i bambini a scuola. Attualmente, un milione di bambini rifugiati siriani non va a scuola e moltissimi altri sono a rischio di abbandono scolastico. 

“Gli attori chiave della comunita’ internazionale, inclusa l’Unione europea, devono garantire un piano d’azione specifico per i minori e gli stati si devono impegnare ad adottare e implementare strumenti in grado di rispondere in maniera tempestiva ed efficace alle esigenze di accoglienza e protezione di questi bambini, attraverso regole concrete che garantiscano pari condizioni di accesso ai servizi per l’infanzia a tutti i minori, maggiore qualita’ nella rete di accoglienza e di tutela, ma anche ottimizzazione delle risorse pubbliche”, conclude Neri. 

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