Egitto, Grecia e Francia al voto. Tensioni, prospettive e speranze

ROMA – E’ un altro fine settimane di passione. Politica si intende. In un mondo ormai globalizzato, l’attenzione alle consultazioni elettorali valica i confini e si posa su contesti e Paesi diversi.

Stavolta è il turno dell’Egitto, della Grecia e della Francia. Situazioni distanti, ma collegate, in cui si intrecciano le tensioni, le prospettive politiche e sociali, le speranze delle cittadine e dei cittadini chiamati alle urne.

Le presidenziali egiziane tra passato e futuro in un clima di forte tensione
Le presidenziali egiziane arrivano al momento della verità: a sfidarsi al ballottaggio i due candidati usciti vittoriosi dal primo turno del 23 e 24 maggio, Mohamed Morsi e Ahmed Shafik.
Shafik e Morsi, però, si sfideranno in clima arroventato dalla decisione di due giorni fa della Corte Costituzionale di invalidare le recenti elezioni legislative per incostituzionalità delle legge elettorale e quindi sciogliere l’Assemblea del Popolo, la camera bassa del sistema politico egiziano.

Decisione non senza conseguenze, a giudicare dalle manifestazioni e dagli scontri di Piazza Tahrir che hanno seguito l’annuncio della sentenza.
Al contempo, la stessa Corte ha rigettato la richiesta di esclusione dalla contesa elettorale del candidato Ahmed Shafik per presunta incompatibilità tra la candidatura stessa e i suoi precedenti incarichi come Ministro e Primo Ministro nell’era Mubarak. Un Mubarak che proprio in questi giorni è stato dichiarato clinicamente morto.
Sullo sfondo di queste battaglie giuridiche, c’è la tensione tra i due centri di potere che si contendono il futuro dell’Egitto: da un lato il vecchio establishment militare, che sostiene il generale Shafik, dall’altro i Fratelli musulmani e il loro membro di spicco Morsi. Con l’incognita di nominare un Presidente che, non avendo il contrappeso della disciolta Assemblea del Popolo, assumerebbe poteri tutti da definire.

Il dilemma greco “Europa si, Europa no”
Se il Cairo piange, Atene non ride, parafrasando i grandi greci del passato.
La Grecia è infatti all’ennesima consultazione elettorale degli ultimi mesi, una sorta di perdurante referendum sul piano di austerity collegato agli aiuti europei.
E’ difficile fare delle previsioni, anche per il divieto che le legge greca impone di effettuare sondaggi nelle due settimane precedenti le elezioni.
Ma da sondaggi non ufficiali si delinea in quadro in cui vi sarebbe una polarizzazione dei consensi sui due partiti alternativi rispetto alla exit strategy dalla crisi economica: la sinistra radicale di Syriza e il centro-destra conservatore di Nea Dimokratia.
Entrambi si attesterebbero sul 30% delle preferenze, ma considerata la legge elettorale greca e il premio di maggioranza che prevede, prevalere anche di uno scarto minimo vorrebbe dire avere possibilità reali di formare e guidare un governo.
Syryza, per bocca del suo leader Alexis Tsipras, rinnova il no al piano di austerity europeo ma anche il si alla permanenza del Paese nell’UE e nell’eurozona. D’altro canto, Antonis Samaras, appoggia con la sua Nea Dimokratia la road map di Bruxelles, come ha già fatto nei mesi scorsi sostenendo il governo di larghe intese di Papademos.
Restano alla finestra i socialisti del Pasok di Evangelos Venizelos, che hanno dimostrato già in passato di essere maggiormente a proprio agio nell’appoggiare un governo di unità nazionale piuttosto che nel sostenere il programma di un esecutivo a guida Syriza. Ma la situazione di grave stallo potrebbe condurre a esiti inaspettati.

Il nuovo corso francese
Secondo turno anche per le elezioni politiche d’Oltralpe.
Salvo grandi e clamorose sorprese, il Partito socialista dovrebbe ottenere un’altra importante affermazione, consegnando così al Presidente Hollande un’Assemblea nazionale “amica”, strumento fondamentale per proseguire e consolidare un programma di governo ambizioso e di svolta rispetto al passato.
Un passato di consensi per l’UMP e Sarkozy che sembra davvero lontano nell’attuale scenario politico. E che, in primis per volontà dello stesso Sarkozy e del suo Partito, non sarà rimpinguato sensibilmente dai consensi del Front National della Le Pen.
Ai Socialisti basterà convincere i già propensi elettori dei Verdi e dei partiti della Sinistra radicale per confermare le previsioni della vigilia. Che hanno anche un’altra preoccupazione, certo del tutto secondaria, ma che ha riflessi sull ” famiglia Hollande”. la guerra dichiarata dalla nuova compagnia del Presidente alle , Segolene Royal, candidata per i socialisti, che aspira alla presidenza dell’Assemblea nazionale. Al ballottaggio se la
deve vedere  con un socialista dissenziente appoggiato appunto dalla nuova compagna di Hollande.
E magari anche riportare alle urne una quota di quel 43% di elettorato che si è astenuto al primo turno. Un vero e proprio serbatoio di voti che potrebbe rivelarsi una variabile impazzita. Forse, è proprio questa l’incognita che desta maggiore preoccupazione in Hollande e nei suoi.

 

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