Guerra a Gaza. Cresce il numero delle vittime civili. Onu diviso

ROMA – In sole 24 ore, l’orologio immaginario del tempo sembra essere tornato indietro di anni. Le immagini che provengono da Gaza e dal sud di Israele raccontano di palazzi in fiamme, vittime civili, lanci missilistici e raid aerei.

La Palestina e Israele sono piombati in un istante in un vero e proprio stato di guerra. L’istante è stato quello dell’uccisione mercoledì pomeriggio, con un missile che ha fatto saltare in aria l’auto dove stava viaggiando, di Ahmed Said Khalil al-Jabari, leader del braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam.
All’omicidio di al-Jabari, sono seguiti dei lanci di razzi dalla Striscia di Gaza al sud di Israele e dei raid di cacciabombardieri e elicotteri Apache con la stella di David sui territori palestinesi. Purtroppo, da una parte e dall’altra, sono stati i civili a pagare il prezzo più caro.
La cronaca è in costante aggiornamento: i reporter presenti a Gaza in questo momento rilanciano alle agenzie foto, video e racconti di strisce di vapore lasciate dai razzi lanciati contro Israele e di edifici in fiamme colpiti dagli F16 israeliani e dalle navi al largo della costa palestinese.
Oltre la cronaca, però, è già possibile fare un bilancio, un’analisi della situazione e delle sue implicazioni per l’immediato futuro.
Dalle parole del premier Benjamin Netanyahu, supportate dal quelle del Ministro della Difesa Ehud Barak, è chiara la ripresa in Israele della strategia degli omicidi mirati. Strategia che stride molto con l’idea che abbiamo di uno Stato democratico.
Il primo a farne le spese è stato il leader dell’ala armata di Hamas, quelle Brigate al-Qassam a cui vengono imputati gli atti di terrorismo del recente passato e il lungo rapimento del militare israeliano Gilad Shalit.
Nonostante l’escalation di violenza che ne è seguita, Netanyahu non pare avere rimorsi né esitazioni. Anzi rilancia le accuse ad Hamas, parlando di “doppio crimine di guerra” perpetrato dal governo de facto della Striscia di Gaza: secondo il primo Ministro di Tel Aviv, infatti, “Hamas colpisce deliberatamente i bambini israeliani e si fa scudo con i bambini palestinesi”.
La comunità internazionale, intanto, è scossa dagli avvenimenti in Palestina. Dietro convocazione del rappresentante egiziano, si è già riunito il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Le prime dichiarazioni dei delegati mostrano una frattura Stati Uniti e Gran Bretagna da una parte e Paesi Arabi dall’altra.
Per Washington e Londra, infatti, la responsabilità di quanto sta accadendo è da addebitare completamente ad Hamas, con pieno appoggio alle azioni di Israele.
In Egitto, però, le convinzioni sono opposte: il presidente Mohamed Morsi ha parlato di “aggressione inaccettabile”, richiamando l’ambasciatore a Tel Aviv (stessa cosa ha poi fatto Israele col proprio ambasciatore al Cairo). Morsi ha poi chiamato Obama per discutere come mettere fine all’attacco israeliano.
Nel frattempo il varco di Rafah, che separa l’Egitto da Gaza, resterà aperto 24 ore al giorno, a scopi umanitari. Segnali del potente vicino ad Hamas, sul fatto che il suo isolamento politico è finito, con prospettive tutte da chiarire per Israele e per la stabilità dell’intera regione.
Non è un caso, forse, che Izz al-Deen al-Qassam, l’eroe palestinese della lotta per l’indipendenza dagli inglesi nella prima metà del secolo scorso a cui sono dedicate le Brigate guidate dal defunto al-Jabari, sia stato uno dei primi aderenti – intorno al 1930 – al neonato movimento dei Fratelli Musulmani, di cui Morsi è adesso il più illustre rappresentante.

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