Egitto: annunciata road-map della transizione mentre in Algeria continua protesta

IL CAIRO – Sull’altra sponda del Mediterraneo continua a spirare il vento della libertà. Mentre si placa lentamente quello in Egitto, in Algeria si alza sempre più forte.

Dopo la rivolta del popolo egiziano l’esercito ha preso in mano le redini dell’Egitto. I militari hanno annunciato la loro road-map della transizione e la revoca dello stato di emergenza, in vigore da trent’anni. Il primo passo è stato la sospensione della costituzione seguito poi, dallo scioglimento del Parlamento, Assemblea del Popolo ed Consiglio Consultivo, e hanno annunciato che conserveranno il potere provvisoriamente per almeno i prossimi sei mesi. Un periodo durante il quale governerà il Consiglio Supremo delle Forze Armate con l’autorità di poter fare leggi per decreto. Un potere che poi, dovrebbe passare in mano ad un governo civile. Un passaggio obbligato questo, per far partire la transizione politica e il processo di riforme democratiche nel Paese mediorientale. Il primo passo saranno le modifiche ad alcuni articoli della costituzione, che saranno poi, sottoposte a referendum popolare nel giro di due mesi, e le elezioni presidenziali dell’autunno prossimo. Sarà il presidente del Consiglio, il maresciallo Hussein Tantawi ad assumere la rappresentanza del Paese all’interno e all’estero, mentre il premier Ahmed Shafiq, nominato in extremis dall’ex presidente Mubarak, il 31 gennaio scorso, rimarrà in carica, per il disbrigo degli affari correnti, fino alla formazione di un nuovo governo. Ribadito anche che l’Egitto rispetterà tutti i Trattati e gli accordi regionali e internazionali siglati finora.

 

Un passaggio questo, che è servito a tranquillizzare Israele e gli Stati Uniti Nel frattempo, gli ultimi manifestanti stanno lasciando piazza Tahrir, nel centro del Cairo, in seguito al pressing di soldati e polizia militare che hanno intimato a tutti di sgomberare entro un’ora pena l’arresto. Quella che è stata per diciotto giorni l’epicentro della rivoluzione egiziana, con le buone o con le cattive, si sta svuotando della gente che dal 28 gennaio scorso l’ha animata e ha spinto in avanti la protesta popolare scoppiata il 25 gennaio scorso. Quella protesta che ha costretto il presidente egiziano Hosni Mubarak a lasciare il potere dopo averlo tenuto saldamente nelle mani per oltre un trentennio. La gente lentamente sta ritornando alla sua quotidianità, ma ha minacciato  di tornare in strada se i soldati non manterranno la parola data di passare il potere ad un governo civile. E’ questo infatti, ora il timore più forte nel Paese. Quello che i miiltari possano trasformare la vittoria del popolo in un Golpe bianco. Stamani Mohamed El Baradei, l’ex capo dell’Aiea ed esponente riformista egiziano, ha esortato le forze armate a coinvolgere in maniera massiccia anche esponenti non-militari nel processo di transizione. “Abbiamo bisogno di una consistente partecipazione dei civili non può essere l’esercito a guidare le danze”, ha affermato il Premio Nobel per la Pace. Nel frattempo,  coloro i quali si sono resi promotori  della sommossa popolare in Egitto hanno fatto sapere di essersi incontrati con i vertici militari. L’incontro sarebbe avvenuto ieri domenica. Della delegazione, composta da otto attivisti, facevano parte anche il blogger Amr Salama e Wael Ghonim, il manager di Google.

 

Ghonim era stato arrestato il 27 gennaio e tenuto in cella per 12 giorni, bendato e interrogato. Il giorno dopo il suo rilascio, avvenuto il 7 febbraio scorso, si unì ai manifestanti in piazza Tahrir che lo accolsero come un eroe.  In merito alla situazione politica in Egitto ieri il segretario di Stato USA, Hillary Clinton ha avuto un fitto scambio di opinioni con alcuni diplomatici internazionali sentiti telefonicamente. Si è trattato di responsabili regionali e mondiali. Il capo della diplomazia americana ha telefonato al primo ministro greco, Georges Papandreou, al ministro indiano degli Affari esteri, S.M Krishina, al capo della diplomazia degli Emirati Arabi, Abdallah Ben Zayed al Nahyane. In Algeria intanto,  è stato annunciato che entro pochi giorni sarà revocato lo stato di emergenza, in vigore da diciannove anni. A dare l’annuncio il ministro degli Esteri, Mourad Medelci. Un passaggio questo, che concretizza la promessa lo scorso mese di febbraio dallo stesso presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika. Nel Paese africano, sulla scia di quanto avvenuto in Tunisia e in Egitto, è in corso una forte contestazione popolare anti governativa. Il Paese, dopo le manifestazioni di protesta di massa di quindici giorni fa e dell’altro ieri, vive ora, in trepidante attesa, per quella di venerdì prossimo indetta dalle forze di opposizione, Coordinamento nazionale per il cambiamento e la democrazia in testa. In merito, sempre il ministro degli Esteri algerino, ha affermato che in Algeria le manifestazioni di protesta rimarranno un movimento minoritario. Parole che trovano fondamento nel fatto che sabato scorso in strada, ad Algeri, sono scese a manifestare, per chiedere un cambiamento del regime, solo 2mila persone. Manifestanti che invece, si sono confrontati con un schieramento di oltre  30mila poliziotti.

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