ROMA – Sono ore calde quelle che stanno vivendo Egitto, Siria e Turchia.
In Egitto un bus è esploso uccidendo quattro persone e ferendone altre 29, di cui 15 in modo grave, le autorità egiziane hanno confermato che si tratta di un attacco terroristico in quanto nell’autobus sono stati ritrovati resti umani riconducibili a un kamikaze.
Le vittime erano tutte di nazionalità Coreana. L’esplosione è avvenuta a Taba al confine tra Egitto e Israele mentre il bus tornava dal monastero di Santa Caterina.
Al momento è al lavoro anche la Farnesina per cercare di capire se nell’incidente siano coinvolti anche nostri connazionali. Al confine da mesi si sta lavorando alla “zona di cuscinetto” tra il Sinai Egiziano e la striscia di Gaza. Il progetto prevede la demolizione di sette abitazioni e la neutralizzazione dei tunnel che vengono usati per il contrabbando. Si prevede che questa zona avrà una larghezza di 300 metri e dovrebbe aiutare a tenere al meglio la situazione sotto controllo in tutta la zona.
In Turchia la situazione non è migliore poiché i militanti Curdi si sono scontrati a colpi di pietre e lacrimogeni con la polizia nella provincia di Cizre. Tutto questo è avvenuto durante il quindicesimo anniversario dell’arresto di Abdulla Öcalan, storico leader del partito dei Lavoratori Curdo, il quale dopo essere stato riportato in turchia venne condannato all’ergastolo, da anni i Curdi lottano per la liberazione.
Intanto in Siria a Damasco si vivono ore difficili, la città è blindata e ogni tanto volano dei mortai da varie zone della città.
Da poco l’ ONDUS (osservatorio nazionale per i diritti umani in siria) ha pubblicato dei dati riferiti al numero di vittime negli ultimi tre anni di violenze: oltre 140 mila, tra cui 50 mila civili compresi donne e bambini.
A Ginevra è terminato da poco il secondo round di colloqui tra regime e opposizione in esilio, che è terminato ancora con un nulla di fatto.
Il mediatore dell’Onu, Lakhdar Brahimi, si è scusato per questo pubblicamente con tutto il popolo Siriano dicendo che a suo parere “sia meglio che ogni parte torni a casa, rifletta e assuma la responsabilità di sapere se vuole che questo processo di pace si svolga o no”, ma purtroppo ancora oggi la pace sembra lontana e il numero di vittime non si arresta.