Sudan. Scontro tra il Nord e il Sud: migliaia di civili in fuga

KHARTOUM – Da settimane sono in corso violenze a ridosso dell’area di confine tra il Sud e il Nord Sudan. Si tratta dei due futuri Stati africani nati in base ad un referendum sull’autodeterminazione della regione meridionale, tenutosi lo scorso mese di gennaio. Il Sud diverrà di fatto indipendente dal Nord però, solo il prossimo 9 luglio.

Le violenze sono state causate dal Nord Sudan. A combattersi sono appunto i militari di Khartoum, appoggiati da milizie filogovernative, e gli ex ribelli dell`Esercito di liberazione popolare del Sudan, Spla, ora esercito del governo di Juba, capitale delle regioni meridionali dello stato semiautonomo del Sud Sudan.  In ballo ci sono i pozzi petroliferi e la fertile terra del distretto di Abyei. Un territorio che pur ricadendo nel territorio del Kordofan Meridionale, uno degli Stati appartenenti al Nord, appartiene al Sud Sudan. Un fatto questo, che però non garba al Nord Sudan che lo scorso 21 maggio ha inviato ad occuparlo militarmente le sue truppe, appoggiate da milizie filogovernative. Dal quel giorno il distretto petrolifero è controllato con la forza da Khartoum.

 

Si è trattato di una vera e propria invasione militare condannata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU in quanto viola l’accordo di pace in vigore, tra il Nord e il Sud Sudan, dal 2005. Un accordo che prevede la divisione del Paese africano in due entità distinte, Nord e Sud. Inoltre, in un primo momento prevedeva che, in base a quanto stabilito da un arbitrato internazionale, il distretto di Abyei sarebbe dovuto andare al Sud, ma in un secondo momento si è deciso di affidarla provvisoriamente in amministrazione fiduciaria a una speciale commissione ONU. Questo in attesa di una più precisa demarcazione dei confini tra i due nuovi stati. Un confine che  però, lascerebbe al Nord la maggior parte delle risorse petrolifere del Paese. Sarebbe dovuto essere un referendum a decidere la sorte del territorio. Una consultazione che si sarebbe dovuto tenere anch’essa a gennaio, ma che poi, è stata rinviata a tempo indeterminato a causa di alcune divergenze venutesi a creare. Una delle quali è il permettere o meno, oltre ai Dinka Ngok, antica popolazione della regione e alleati del Sud, anche ai nomadi arabi Misseriya, che sostengono il governo di Khartoum, di partecipare al voto. Il Nord Sudan è favorevole, mentre il Sud è contrario.

 

Khartoum ha respinto gli appelli degli Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna a ritirarsi da Abyei, affermando che si tratta di questioni politiche e militari interne al Sudan. Questa disputa rischia di scatenare l’ennesimo conflitto inter-sudanese dopo quello della regione sudanese del Darfur. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, dalla regione, sono fuggite verso sud, per sfuggire al dramma della guerra, almeno 150mila persone. In maggioranza appartenenti alla tribù del sud dei Dinka Ngok. Tra essi moltissimi donne, vecchi e bambini. Persone che hanno cambiato il loro status in profughi e che hanno raggiunto la località meridionale di Agok, subito oltre il futuro confine. Sono invece, già circa 100 i civili che, dal 21 maggio ad oggi, sono morti a causa dei combattimenti. Nel frattempo, dal 24 maggio scorso, nella regione di confine, si sono dispiegati i Caschi blu dell’ONU, per prevenire ulteriori violenze dopo che dall’ingresso delle truppe di Khartoum ad Abjei stanno giungendo resoconti orribili d’incendi e saccheggi di interi villaggi. Questo contenzioso potrebbe seriamente minacciare l’intero processo di pace tra Nord e Sud avviato nel 2005 e che mise fine ad una sanguinosa guerra civile durata dal 1983 al 2005.

 

In questi giorni il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir ha lanciato un appello, dai toni distensivi, al Nord Sudan chiedendo che si ritiri con le sue forze dalla zona petrolifera contesa dell’Abyei, assicurando però, che non ci sarà una guerra Nord-Sud per essa. Precedentemente il 24 maggio scorso, in un discorso pubblico, il suo omologo nord sudanese, Omar el Bashir aveva invece, dichiarato: “Abyei è territorio sudanese del Nord. Noi non ci ritireremo”. Lo stesso giorno il ministro dell’Informazione del Sud, Barnaba Marial Benjamin aveva denunciato il tentativo da parte delle autorità del Nord di favorire l’arrivo massiccio nella regione di Abyei di nomadi arabi Misseriya, nel chiaro intento di occupare i territori della tribù Dinka Ngok per poi giustificare la loro partecipazione al referendum. La tecnica è sempre la stessa ed è già stata sperimentata in Darfur dove nei territori abbandonati dalle popolazioni locali in fuga dalla guerra giungono nomadi arabi a prenderne possesso.

 

 

 

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