Riad lancia coalizione di 34 Paesi islamici contro il terrore

RIAD – L’Arabia saudita ha annunciato la creazione di una coalizione di 34 Paesi musulmani contro il terrorismo.

L’alleanza, che avrà un centro di coordinamento operativo a Riad e si confronterà con le maggiori potenze internazionali, è nata nell’immediata vigilia del cessate il fuoco nello Yemen, Paese in cui il Regno saudita è impegnato alla guida della coalizione araba contro i ribelli Houthi. Questa mattina all’alba, a poche ore dalla tregua formalmente scattata alle 10, i caccia della coalizione hanno compiuto nuovi bombardamenti nella regione di Haradh, facendo almeno 10 morti e un numero imprecisato di feriti.La nuova coalizione islamica vedrà impegnati, tra gli altri, Egitto, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Giordania, Pakistan e Senegal e potrebbe vedere presto la partecipazione anche dell’Indonesia, il più grande Pese musulmano al mondo. Assenti l’Iran, l’Iraq e la Siria, Paesi sciiti o con forte componente sciita: l’alleanza “combatterà il terrorismo militarmente, ideologicamente e mediaticamente” e testimonia la volontà del “mondo musulmano di essere un partner nella lotta mondiale contro questo flagello”, ha spiegato il ministro saudita della Difesa, Mohamed Bin Salman.Riad guida già la coalizione militare araba contro i ribelli sciiti dello Yemen e fa parte della coalizione internazionale che, sotto la guida degli Stati Uniti, combatte il gruppo jihadista dello Stato islamico in Siria e in Iraq. Interrogato sulla possibilità che la grande coalizione “sunnita” concentri la sua attenzione sui jihadisti dell’Isis, il ministro Salman ha risposto che l’alleanza combatterà “tutte le organizzazioni terroristiche che faranno la loro apparizione” nel mondo musulmano, “il primo ad avere sofferto le conseguenze del terrorismo”

E’ molto probabile che le operazioni della nuova coalizione si incroceranno con quelle già in corso nella regione – arabe e a guida Usa – visto che Riad ha individuato in “Siria, Iraq, Sinai, Yemen, Libia, Mali, Nigeria, Pakistan e Afghanistan” i principali teatri di intervento. Ma “per quanto riguarda la Siria e l’Iraq, non possiamo condurre operazioni (antiterrorismo) se non in coordinamento con le autorità legittime di questi Paesi e con la comunità internazionale”, ha sottolineato il principe Mohamed, il cui paese contesta il regime siriano del presidente Bashar al Assad.D’altra parte, l’Arabia saudita è coinvolta nel cosiddetto processo di Vienna per una soluzione della crisi siriana, pur essendo ancora accusata dall’Occidente di lassimo nei confronti del terrorismo. In Europa e negli Stati uniti è inoltre diffuso il sospetto che Riad finanzi segretamente moschee e gruppi radicali, combattendo guerre per procura allo scopo di avere la supremazia sulla Repubblica islamica d’Iran nel controllo dell’intera regione mediorientale. Così avviene nello Yemen, dove i sauditi sostengono il governo di Hadi contro i ribelli sciiti Houthi, appoggiati da Teheran.L’esecutivo yemenita accusa i ribelli di “non dare segnali” sull’intenzione di conformarsi alla risoluzione 2216 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che intima loro di ritirarsi dai territori conquistati e di restituire le armi sequestrate. E i sauditi sono pronti ad eccezioni sul cessate il fuoco scattato stamane per dare spazio ai negoziati di pace mediati dall’Onu in Svizzera. La coalizione araba si è riservata “il diritto di rispondere in caso di violazione” della tregua.

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