Libia. Il rapimento degli italiani avvolto nel mistero

ROMA – La vicenda di Bruno Cacace, 56 anni, e Danilo Calonego, 66, i due italiani rapiti in Libia insieme a un canadese vicino all’aeroporto di Ghat, resta avvolta nel mistero; e 24 ore dopo il sequestro avvenuto nel profondo sud  del paese, poco distante dal confine con l’Algeria e il Niger resta l’ansia.

Secondo una fonte vicina al governo di Tobruk, legato al generale Khalifa Haftar, i due italiani sono nelle mani di un gruppo di criminali comuni che non appartengono ad alcuna fazione fondamentalista. Ipotesi confermata dal Consiglio comunale di Ghat, localita’ del Fezzan, la zona del rapimento, secondo cui i rapitori “fanno parte di un gruppo armato che ha gia’ “compiuto agguati e rapine nella zona contro le auto in transito”.

Anche il sindaco, Qumani Mohammed Saleh, ha garantito il massimo impegno da parte delle forze di sicurezza locali e di quelle militari per ritrovare i due italiani, ha negato che siano finiti nelle mani di uomini legati ad al Qaeda e ribadito che “i due ingegneri sono nelle mani di un piccolo gruppo di fuorilegge”. Nell’area il controllo del governo di Tripoli e’ limitato e sono attivi diversi gruppi armati. Il capo della sicurezza di Ghat, Madani Murtada, ha assicurato che le ricerche sono in corso, ma che ancora non sono note “le richieste dei rapitori ne’ cosa li abbia spinti a fare questo”. Considerata la delicatezza della situazione, la Farnesina e’ cauta e il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha detto che e’ “troppo presto per attribuire una matrice al sequestro”. E Claudio Taffuri, capo dell’Unita’ di crisi del ministero degli Esteri, ha ricordato che la Libia e’ un Paese “sconsigliato” e ha invitato le imprese che decidono di restare li’ a dotarsi di sistemi di sicurezza. Il sindaco Saleh, che ha assicurato di essere in cnotato costante con il governo italiano, ha anche criticato il governo di Tripoli “e le sue istituzioni”, che a suo dire non danno la giusta importanza alla vicenda. “Non conosco – ha detto – i motivi per cui lo Stato libico e le sue istituzioni trascurano cosi’ tanto questa vicenda, non ci hanno nemmeno inviato velivoli per aiutare le ricerche”.

Le formazioni armate attive nella zona sono molteplici. Ci sono i guerriglieri di Al Qaeda nel Maghreb Islamico e del gruppo Matibat al Mourabitoune, fondato dal famigerato terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar. A est di Ghat, nell’area di Ubari, sono attivi i gruppi armati del popolo Tebu. Nella zona ci sono anche le milizie dei nomadi Tuareg. La lotta per il controllo delle rotte del Sahara tra Tebu e Tuareg, nonostante i tentativi di riappacificazione dell’Onu, non e’ mai finita. Quanto all’Isis, e’ probabile la presenza di jihadisti in fuga da Sirte, considerato che la loro roccaforte e’ sotto attacco da parte delle milizie di Misurata, alleate del governo di Tripoli.

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