Ungheria. Un referendum sui migranti. Clima d’intolleranza

BUDAPEST – Di rado in Ungheria è stata investita tanta energia in una campagna elettorale come in quella per il referendum odierno sulle quote di richiedenti asilo decise dall’Unione europea.


Il governo di Viktor Orban si oppone categoricamente al meccanismo voluto da Bruxelles, che prevede il Paese accolga poco meno di 1.300 profughi sul totale di 160mila da trasferire da Italia e Grecia in altri Stati comunitari di tutta l’Ue. L’esecutivo del premier conservatore nazionalista sostiene che l’Unione europea “voglia piazzare in Ungheria decine di migliaia di profughi” senza consultare il Parlamento ungherese. E aggiunge che i migranti mettono in pericolo la cristianità e la sicurezza del Paese e dell’Europa nel suo insieme. Orban è a capo della fila degli oppositori della politica di apertura della cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo cui l’Europa ha il dovere di accogliere i rifugiati.Il premier ungherese si è opposto sin dall’inizio al sistema della redistribuzione tra i Paesi comunitari, arrivando a dichiarare che l’Ungheria non avrà mai immigrati. Dallo scorso settembre, quando centinaia di migliaia di migranti in fuga da guerre e fame hanno attraversato la nazione diretti verso i Paesi più ricchi dell’Europa centrale, Budapest ha chiuso con una barriera il confine con la Serbia e la Croazia e con 8mila militari e poliziotti, promuovendo poi una serie di leggi che prevede il carcere per chi entra illegalmente nella nazione e l’espulsione per chi è intercettato subito dopo l’attraversamento del confine. Il premier, cui piace paragonare la politica alla guerra, nella campagna elettorale ha parlato di “battaglie” e “scontri” con Bruxelles.

Negli ultimi mesi, le strade del Paese centroeuropeo si sono riempite di cartelloni che affermano che il terrorismo islamico sia legato ai migranti e che il referendum sarà un “messaggio a Bruxelles perché anche loro lo capiscano”. Su alcuni cartelloni si legge: “Lo sapevi? Dall’inizio della crisi migratoria, il numero di casi molestie alle donne in Europa ha avuto un picco”. “Se cederemo di fronte a Bruxelles, l’Ungheria cambierà”, Orban ha di recente detto in un’intervista, aggiungendo che il Paese “sta attuando una politica di autodifesa”. Secondo gli ultimi sondaggi, non è certo che il quorum necessario perché il referendum sia valido sarà raggiunto. Intanto, dagli stessi sondaggi risulta che l’80% di quanti voteranno dirà ‘no’ alle quote. Pochi i dubbi sull’orientamento degli elettori decisi a votare per rispondere al quesito: ‘Vuoi che l’Ue decida, senza il consenso del Parlamento, sul ricollocamento dei cittadini non ungheresi in Ungheria?’. 608x342_345430.jpg

Sebbene il referendum non abbia conseguenze legali, poiché non può annullare le decisioni prese nell’Ue, esso si potrebbe trasformare in un punto di riferimento per il governo di Budapest. “In termini giuridici, il referendum non sembra essere più che un brutto scherzo”, dice Gabor Gyulai, direttore del programma di asilo del Comitato Helsinki locale, che si occupa del rispetto dei diritti umani. Secondo l’esperto, il quesito è “tendenzioso” e “falso”, poiché l’Ue non ha quei piani e il concetto di ricollocamento obbligatorio non esiste nel diritto comunitario. “Abusare dell’importante istituto democratico del referendum per un motivo propagandistico non è accettabile per una società europea”, ha aggiunto. 

La campagna in vista del referendum, definita “tossica” da Amnesty International perché contro i migranti, ha come obiettivo principale spingere la gente a votare. L’opposizione di sinistra, paralizzata da sei anni e incapace di riprendersi dalla disfatta elettorale del 2010, ha invitato al boicottaggio dicendo che “esiste solo una risposta stupida a una risposta stupida”. 

Uno dei messaggi dei socialisti, che non hanno speso molte forze nella campagna, è: “Restate a casa, restate nell’Unione europea”. La propaganda più forte contro il governo è stata quella della formazione di protesta Partito del cane a due code. Facendosi burla di Orban, ha riempito le strade di cartelli che chiedono ai cittadini di votare non solo con un ‘sì’, ma al contempo con un ‘no’: cioé, invalidando la scheda. “Sapete che un ungherese medio vede più ufo che profughi nella sua vita?”, è uno dei messaggi con cui il movimento chiede di annullare le schede e fare dei graziosi disegni su di esse. Unico ad appoggiare la campagna a favore del ‘no’ il partito Jobbik dell’ultradestra. Indipendentemente dal risultato finale, il referendum e la sua campagna avranno “tragiche conseguenze non solo per i migranti, ma anche per i cittadini ungheresi”, prevede Gyulai, in un Paese da cui nel 20esimo secolo sono fuggite migliaia di persone al tempo del comunismo. “La propaganda finanziata pubblicamente contro i rifugiati ha demonizzato apertamente i migranti, suggerendo che l’immigrazione sia responsabile del terrorismo, che minacci la cultura ungherese”, afferma. Questa demonizzazione, secondo lo studioso, “renderà impossibile l’applicazione di qualsiasi politica migratoria ragionevole per vari decenni, cosa che avrà un tragico impatto sul Paese”.

Intanto un sondaggio del Pew Research Center, think tank statunitense che studia le questioni sociali, avverte che gli ungheresi secondo le previsioni respingeranno le quote di redistribuzione dei profughi decise dall’Ue. Secondo il centro, ad aumentare l’intolleranza nel Paese ha contributo la retorica del premier nazionalista Viktor Orban contro i migranti, accusati di essere causa del terrorismo e di ‘contaminare’ la cultura locale. In Ungheria non ci sono lavoratori sufficienti: secondo la Confindustria locale, citata da Deutsche Welle, ogni anno al mercato del lavoro mancano tra 40mila e 50mila lavoratori, paria a una carenza di 500mila in 10 anni. Nonostante questo, il Pew Research Center ha rilevato che gli ungheresi considerano gli immigrati come una minaccia economica. L’82% crede che siano un peso, perché occupano posti di lavoro e hanno diritto a benefici sociali (lo crede il 50% della media europea). Oltre il 76% pensa inoltre che la presenza di rifugiati aumenterà il rischio di attacchi terroristici nel Paese (il 59% della media europea), mentre il 69% considera gli arrivi da Siria e Iraq la minaccia più grande (il 49% della media europea). In nessun altro Paese europeo analizzato, questi dati sono così alti. 

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