La Camera ratifica l’ingresso della Croazia in Europa

Con la ferma convinzione che integrazione e stabilizzazione siano indissolubilmente legati, l’Unione Europea ha offerto, alcuni anni or sono, una prospettiva di adesione ai paesi balcanici. Dopo la Slovenia (membro UE dal 2004), la Croazia, fin da subito, era sembrata l’unico altro stato della regione più vicino agli standard politici ed economici europei. Così lo stato croato diventerà entro Luglio 2013 il 28’ membro dell’Unione Europe, dopo anni di negoziati (la richiesta era stata fatta nel 2002) e dopo l’esito del referendum dello scorso gennaio con cui i cittadini croati hanno votato in favore dell’ingresso in Europa.

Lo scorso martedì, la nostra Camera dei Deputati ha avviato il processo di ratifica del Trattato relativo all’adesione della Repubblica di Croazia all’Ue, il Ministro degli esteri Giulio Terzi commenta così: “L’approvazione da parte della Camera, del disegno di legge, testimonia il sostegno convinto dell’Italia e dell’impegno congiunto di tutte le nostre istituzioni, a favore di un percorso quanto più rapido dell’iter previsto dalla Costituzione”.

 

Il super cattolico popolo croato ha beneficiato anche dell’appoggio del Vaticano, il Pontefice in persona commentava in questo modo la possibilità del paese dei balcani in Europa: “L’ingresso della Croazia nell’Unione Europea è una cosa giusta, logica e necessaria. Questo Paese fin dalle origini appartiene all’Europa, e la sua storia passata e recente può costituire un motivo di riflessione per tutti gli altri popoli”.

 

E’ comprensibile e auspicabile l’intento della comunità europea che vuole accogliere nei suoi confini i paesi nati dalla distruzione della Jugoslavia (insieme ad altri stati come l’Islanda, l’Albania e il Kosovo – quest’ultimo ancora non riconosciuto da alcune nazioni partecipanti all’UE). Ma in un momento di grave crisi come quello presente, con l’unità europea e con la sua moneta, sempre in balia dell’incertezza, come potranno essere gestite dai paesi in affanno come il nostro, le criticità derivanti anche sola da una possibile immigrazione sregolata (come è successo con Romania e Bulgaria)?

 

Certo è che la stabilità dei Balcani è essenziale per la sicurezza europea e per l’Italia in modo particolare, data la sua vicinanza geografica. Per il nostro paese potrebbero anche aprirsi nuove prospettive commerciali. Eppure ciò che resta preoccupante, è che i paesi balcanici sono un’area di snodo per vari traffici illeciti, dal traffico di armi a quello degli stupefacenti, dal contrabbando delle sigarette alla tratta degli esseri umani.

 

 

Sebbene siano passati 4 anni dai giorni del terrore di Zagabria, quando il primo ministro era ancora Mesic e gli attentati mafiosi erano all’ordine del giorno (tra le vittime si ricordano Ivo Pukanic, direttore del settimanale investigativo Nacional, e Niko Franjic, direttore del marketing della testata) la Croazia è ancora tartassata da corruzione e criminalità. Tuttora pesa sul governo croato l’accusa di scarsa collaborazione con il Tribunale Penale Internazionale dell’Aia nella persecuzione dei crimini di guerra contro la comunità serba e le denuncie su lo stato dei Diritti Umani nel paese.

 

 

Analisti di Relazioni Internazionali, spiegano come l’economia criminale durante le fasi di passaggio da una economia di guerra a una postbellica, sia in perenne ascesa in assenza di economie stabili, ricordiamo anche come siano di vecchia data i legami tra la criminalità organizzata croata e italiana, erano di provenienza croata gli esplosivi usati in Sicilia ai tempi dell’attentato che uccise a Capaci il giudice Giovanni Falcone.

 

 

L’Unione Europea punta sul rafforzamento delle strutture statali con l’offerta di adesione, ma rimangono non sciolti i dubbi su come trovare le risorse politiche, economiche e di sicurezza per accompagnare l’integrazione croata senza appesantire ulteriormente i paesi membri, nessuno però sembra curarsene, ne alla Commissione Europea ne tantomeno nel nostro Parlamento.

 

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