Monti e Marchionne non hanno combinato un bel niente

Bersani: “Il problema Fiat rimane del tutto aperto”

 

ROMA – Quel comunicato  Governo-Fiat che ha concluso cinque ore di chiacchiere fra Monti i suoi ministri l’ ad del lingotto, Marchionne, il presidente Fiat, Elkann, è un maledetto imbroglio. Pierluigi Bersani, il segretario del Pd, che si muove sempre con passo felpato, a volte anche troppo, dice: “Nonostante gli sforzi del governo, mi pare che il problema Fiat rimanga del tutto aperto. Al tavolo di ieri c’era un convitato di pietra e cioè una nuova stagione   di ammortizzatori sociali costosi per i lavoratori e per lo Stato, senza una prospettiva sicura”. Fassina che del Pd è il responsabile economico parla di “impegni talmente generici da risultare inadeguati”. Ii sindacati per niente soddisfatti chiedono un urgente incontro al governo. Attendendo “ fatti concreti” . Quel comunicato è come se fosse stato scritto sulla sabbia, basta un alito di vento per portar via le parole. Non c’è scritto niente, il vento è soffiato un minuto dopo la  fine di una maratona, seguita dagli occhi dei giornalisti pronti a cogliere ogni stormir  di fronda, alla ricerca di un titolo passabile che giustificasse le cinque ore. Dice una vecchia canzone delle mondine, quelle che raccoglievano il riso, “ se otto ore vi sembran poche venite voi a lavorar”. Si da il caso che alcuni dei protagonisti della  lunga riunione siano anche interessati, dal unto di vista economico e politico, ai grandi quotidiani, ai media in generale. Non si poteva fare uno sgarbo né a Monti né a Marchionne .

 

Ci voleva un pareggio. Trovato: Fiat resterà in Italia. Questa è la parola d’ordine che è corsa sui media. Non solo qualcuno, nell’entusiasmo per questo successo del nostro Paese, del governo e della Fiat,  ha imbandierato il tricolore. “ Ma poiché pensiamo che vi sentiate italiani e, in parte, anche torinesi, vi invito a partecipare alla sfida che stiamo portando avanti”: parole accorate pronunciate dal premier cui non si poteva rispondere negativamente ,pena veniri accusati di mancanza di amor di patria. Anche se Marchionne di patrie ne ha diverse, dal punto di vista finanziario e fiscale, non poteva rimanere insensibile a cotanto appello. Ed ecco il “resteremo in Italia”. Il cronista di Repubblica  si fa perfino prendere dall’entusiasmo e scrive: “ Il comunicato congiunto sancisce un patto di collaborazione. E’ dunque un cambio di strategia  di entrambi:il governo diventa interventista,il manager italo-canadese non potrà più minacciare( contro la politica e contro i sindacati di andarsene dall’Italia. Una svolta per Monti e per Marchionne”. Una “ svolta addirittura”. Davvero troppo. La Fiat ha ribadito l’ ad col girocollo non ha mai detto che se ne andava dall’Italia. E’ vero. Ha detto che non avrebbe investito in Italia, che i venti miliardi di “Fabbrica Italia” venivano rimessi nel casetto.  Ha parlato di “ tempi idonei “ per investire.”. Non se ne va perché è difficile trovare un altro paese dove  l’imprenditore, il manager meglio dire, tiene aperta la fabbrica, non investe un centesimo, fa lavorare tre o quattro giorni al mese,  e lo Stato, i cittadini,  pagano  la cassa integrazione in deroga.  Insieme, si evince dal comunicato Marchionne chiede sgravi fiscali, facilitazioni sul credito per iniziative legate a innovazioni produttive, ricerche tecnologiche che, pagate dall’Italia vengono sfruttate da Chrysler. Inoltre aveva avanzato più volte l’ipotesi di un possibile cartello fra le industrie dell’auto europee per una riduzione concordata della produzione e prezzi di vendita altrettanto concordati. Ipotesi campata in aria,rimasta al palo.. Allora, come si chiede Landini, cosa si sono detti in cinque ore?  Monti ha  illustrato le cose buone ha fatto il governo,le misure per per la crescita e la produttività, “ indispensabili” per una azienda come quella del Lingotto.Ancora l’esecutivo farà la propria parte per incentivare il mercato dell’auto. Marchionne illustrava la situazione del settore automobilistico europeo, le difficoltà della Fiat, le vendite?, si torna ai livelli degli anni settanta  Annunciava un proprio comunicato. Interruzione di un’ora con il governo che si riuniva a parte. Alla fine si concordava  il comunicato congiunto  per annunciare  la Costituzione di un gruppo di lavoro presso il ministero per lo sviluppo per favorire la competitività  e l’export, magari con qualche incentivo.

Airaudo  ( Fiom). Non c’è traccia di impegno di Fiat in Italia
Commenta Giorgio Airaudo, responsabile Fiom del settore auto: “ Nei risultati dell’incontro- dice- non c’è traccia di impegno della Fiat in Italia. Il governo avrebbe dovuto chiedere alla Fiat di impegnarsi su quattro punti: i prodotti, gli investimenti, quando e dove, i tempi,l’occupazione. E’ l’unico modo per uscirne.Invece abbiamo solo “ buone intenzioni”.Non ci si può più limitare a calcolare quali altri ammortizzatori sociali servano alla Fiat per non chiudere le fabbriche in Italia. La cassa in deroga, tra l’altro sottolinea- è a carico della fiscalità generale e dunque degli italiani. E non è una soluzione”. A dirlo, in un’intervista a Repubblica, il responsabile Auto della Fiom Giorgio Airaudo, secondo cui nei risultati dell’incontro di ieri tra governo e Lingotto “non c’é traccia di un impegno della Fiat in Italia”. “Il governo e i suoi ministri avrebbero dovuto chiedere alla Fiat di impegnarsi su quattro punti, i prodotti, gli investimenti,  dove e quando, l’occupazione. La Fiat promette di investire, ma solo ‘al momento idoneo’, dunque non oggi. Non mi sembra un passo avanti”. “Marchionne ha in cassa tra i 18 e i 20 miliardi e vuole rimanere liquido per completare l’acquisizione in Chrysler, ma non è pensabile che siano i cittadini italiani a pagare una fetta della casa automobilistica Usa”.

Romiti: “Il problema Fiat non si affronta con un gruppo di lavoro
Airaudo, che torna a proporre “l’apertura del mercato ad altri produttori di auto, perché non si può pretendere che la Fiat sia l’unica casa automobilistica italiana ma produca e investa solo all’estero.” Che dall’incontro non emerso niente lo dice uno come Cesare Romiti, già presidente e  Ad di Fiat. “Quando  si risolve la questione con una commissione, un gruppo di lavoro, mi pare che non si sia combinato niente.”  Un tavolo insomma non si nega a nessuno.  Stefano Fassina, responsabile economico del Pd afferma: “ Perlomeno  si apra il tavolo presso  ai sindacati “ e annuncia la richiesta che al governo  di riferire al Parlamento.
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