Alitalia. Domani il piano industriale tra esuberi e l’ombra di Air France

 Andrea Cavola dell’Usb, escluso dal tavolo: “Alitalia fa come Marchionne, si sceglie i sindacati”

 

ROMA – Mancano poche ore alla presentazione ufficiale del piano industriale di Alitalia Cai, ma già all’orizzonte si profilano nubi  minacciose. Almeno per un migliaio di dipendenti, tra naviganti e personale di terra, ai quali potrebbe venir dato il benservito con la cassa integrazione. Almeno questo è il timore dei sindacati, come la Fit-Cisl, Filt-Cgil, Uilt e Ugl Trasporti, che hanno ricevuto la convocazione per domani. Tuttavia, e  viene da chiedersi come mai, all’incontro mancherà una rappresentanza importante in Alitalia, come ci spiega Andrea Cavola, segretario nazionale Usb Trasporto aereo: “Infatti non sono stati convocati l’Usb, L’Ipa (ex Anpac ndr), l’Unione Piloti, l’Anpav e l’Avia.  Insomma l’Alitalia segue le orme di Marchionne, scegliendosi accuratamente i sindacati”.

“Sarebbe stato  utile poter partecipare – precisa Cavola –  soprattutto per porre alcuni quesiti all’ad Andrea Ragnetti”. La prima domanda sicuramente riguarda la chiusura del bilancio di fine anno che segnerà un meno 300 milioni dieruo. “Come si spiega, infatti,  – sottolinea il sindacalista – che la Compagnia di bandiera perda 1,5 milioni al giorno? Molto più rispetto a  quello che perdeva la vecchia Alitalia”.
Ma non solo. Alitalia – come riporta Cavola – sta svendendo i gioielli di famiglia, come lo scalo di Londra ritenuto tra i più prestigiosi. il quale non solo  portava denaro sicuro alle casse delle compagnia, ma rappresentava il fiore all’occhiello nel mercato anglosassone. E non è tutto. “Sempre a fine anno – ci spiega Cavola – scadrà il “lock up”, ovvero l’obbligo di non poter vendere le azioni e sarebbe interessante sapere se sono previsti cambi di poltrona prima di quella data”. “E soprattutto – incalza Cavola – la cordata della Cai intende ricapitalizzare?”

Domande che per ora non trovano nessuna risposta. Al momento, tuttavia,  sono i fatti che parlano da soli. E c’è poco da sorridere. Già lo scorso marzo altri 700 dipendenti sono entrati in  Cig e ieri,14 ottobre 2012, 4.200 dipendenti della vecchia Alitalia dopo 4 anni di cassa integrazione sono entrati in mobilità, che equivale al licenziamento. Insomma, la Cai ci ha preso gusto a scaricare sui contribuenti i loro “esuberi”.

Inutile nascondere che la cordata di imprenditori tanto elogiati dall’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi  e portati nel palmo della mano dall’ex ministro per  l’Economia Giulio Tremonti, hanno fatto ‘cilecca’ assieme  a quei sindacati compiacenti che nel 2008 avallarono la compravendita della più grande compagnia del trasporto aereo italiano, che passerà alla storia per i suoi licenziamenti di massa  oscurati volutamente dai media.
Tuttavia  alcuni sindacati non demordono e sembrano intenzionati a dar battaglia. Se anche quest’ennesimo taglio fosse ufficializzato domani sarebbe la tangibile dimostrazione che l’operazione Alitalia vada ben oltre alla cancellazione della compagnia di bandiera e dei suoi dipendenti. Ed è così strano che, nonostante i privilegi concessi dal  governo, la cordata di imprenditori non sia stata in grado di sanare Alitalia. Lo scorso 19 giugno, alla convention dei dipendenti,  fu sempre lo stesso amministratore delegato  Andrea Ragnetti ad escludere categoricamente l’esistenza di altri esuberi. Lo stesso presidente Roberto Colaninno gli fece eco, precisando  che per Alitalia andava ridisegnato un “nuovo periodo di sviluppo e non di taglio dei costi”.
Ma, attenzione. Non è da escludere che all’ombra di questo piano industriale non ci sia un vero e proprio cambio di cloche. Chiaramente con la compagnia francese, che è già la principale azionista con un cospicuo 25 per cento. In un’intervista rilasciata a Panorama pochissimi giorni fa Ragnetti ribadiva la necessità di far parte di un gruppo più grande perchè la “dimensione paga”. E chiaramente si riferiva ad una integrazione proprio con Air France-Klm non prima del 2013. E quando il cronista chiede se un allargamento del genere potrebbe favorire i francesi che si porterebbero gran parte del traffico nel loro Paese, Ragnetti smentisce subito questa  ipotesi.
Ma il vero nocciolo della questione non è certo l’italianità, come qualcuno voleva far credere, bensì i profitti. E anche in questo caso Ragnetti non ha dubbi. “Certo che i profitti si possono fare, altrimenti non sarei qui.” E poi: “Quanto agli azionisti, hanno già sofferto abbastanza. Però, anche se non hanno ancora guadagnato da questa avventura, avranno fatto qualcosa di importante. Hanno preso una cosa morta e adesso ci sono le basi per farne una delle migliori compagnie aeree d’Europa”.
Se lo dice Ragnetti. Di sicuro il taglio del personale renderà più appetibile Alitalia. E se nel 2013 la compagnia di bandiera dovesse finire completamente in mano ai francesi sarebbe un boccone amarissimo da digerire per i dipendenti, i piccoli azionisti della carta straccia e per l’opinione pubblica. Beffati prima, ingannati poi. Non c’è da meravigliarsi.

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