Essere disabile in Italia significa emarginazione

E’ sconfortante il quadro che si viene oggi a delineare in relazione ai problemi legati alla disabilità in Italia. La ricerca promossa dalla Fondazione Cesare Serono e realizzata dal Censis riporta infatti dati allarmanti che evidenziano l’inadeguatezza e l’insufficienza delle risorse destinate alla protezione sociale delle persone con diversa abilità. 

«I dati del Censis sulle esigue risorse destinate alla protezione sociale delle persone con disabilità  aggravano le decisioni inique prese dal governo nella legge di stabilità, vero e proprio monumento all’ingiustizia sociale». Lo dice il capogruppo dell’Italia dei valori in commissione Lavoro a Palazzo Madama, Giuliana Carlino.

L’indagine nazionale  ha coinvolto 147 Asl e si basa sulle risposte di 35 di esse. L’ obiettivo era quello di fornire una mappa dell’offerta sanitaria e socio-sanitaria su cui possono contare i disabili italiani. L’italia si colloca di fatto tra gli ultimi paesi in Europa per quel che riguarda le attività di sostegno, le misure economiche e le possibilità di integrazione nel mondo del lavoro delle persone con diversa abilità. 

Dai dati riportati dallo studio emergono una serie di “ombre” e di carenze, nonostante  che alcuni passi e scelte coraggiose siano stati fatti rispetto al passato. Innanzi tutto ciò che colpisce è la trasversale ristrettezza di risorse, senza poi contare la  cristallizzazione del divario e delle diseguaglianze qualitative tra i vari territori. Inoltre il tema ottiene con molta difficoltà l’attenzione dei media e quindi anche la possibilità di un dibattito realmente costruttivo e adeguato.

In Italia si spendono circa 438 euro pro-capite annui contro i 531 della media europea, ben lontani dai 754 del Regno Unito.  Le misure economiche erogate dall’Inps a favore di persone che hanno una limitata o nessuna capacità lavorativa sono pari a circa 4,6milioni di prestazioni pensionistiche, di cui 1,5 milioni tra assegni ordinari di invalidità e pensioni di inabilità e 3,1 milioni per pensioni di invalidità civile, incluse le indennità di accompagnamento, per una spesa complessiva di circa 26 miliardi di euro all’anno.

Ma il problema delle risorse economiche messe a disposizione non è l’unico. Ciò che infatti manca in realtà sono delle politiche efficaci per facilitare ed agevolare l’inserimento lavorativo delle persone diversamente abili. La ricerca del Censis evidenzia infatti   le «enormi difficoltà» che queste persone incontrano, sia a trovare un lavoro, una volta completato il percorso formativo (è il caso delle persone con sindrome di Down e degli autistici), sia a mantenere l’impiego a fronte di una malattia cronica che causa una progressiva disabilità (è il caso delle persone con sclerosi multipla). Meno di una persona con sindrome di Down su tre lavora dopo i 24 anni, e il dato scende al 10% tra gli autistici con più di 20 anni. Meno della metà delle persone con sclerosi multipla tra i 45 e i 54 anni è occupata, a fronte del 12,9% di disoccupati e del 23,5% di pensionati.

Il discorso non è poi molto più confortante per quanto riguarda “l’inclusione scolastica”. La ricerca evidenzia come in Italia «siano poche le scuole speciali dedicate ad alunni con problematiche sanitarie complesse», anche se la legge obbliga tutte le scuole pubbliche e private ad accettare l’iscrizione degli alunni con disabilità. «Se è vero – afferma la ricerca – che l’esperienza italiana rappresenta un’eccellenza, le risorse dedicate alle attività di sostegno e di integrazione degli alunni con disabilità nella scuola appaiono troppo spesso inadeguate. 

Il dramma della disabilità appare quindi tutt’ora una questione invisibile nell’ambito dell’agenda istituzionale, dove sempre più spesso si immaginano recuperi di spesa piuttosto che nuovi investimenti a sostegno di chi è realmente coinvolto in questo dramma. Non esiste un modello assistenzialistico in grado di offrire sostegno alle famiglie. Il triste risultato è che il compito di provvedere ai bisogni delle persone disabili ricada quasi interamente sulle famiglie stesse, lasciate sempre più spesso da sole nella cura della malattia, senza avere l’opportunità di rivolgersi a strutture e a servizi adeguati. Ostacoli questi  che “limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona umana” stigmatizza la Senatrice Carlino.

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