Mps, Santander e Abn Ambro, nelle trame oscure della finanza

ROMA – Ancora non è dato a sapere chi sono gli indagati “eccellenti” nell’inchiesta Monte dei Paschi.

Tuttavia, anche se le Procure mantengono per ora lo stretto riserbo su nomi e circostanze,  uno dei manager starebbe collaborando con i magistrati per far chiarezza sull’intricata vicenda, ovvero sul tortuoso tragitto in cui alla fine MPS ha acquistato ad un prezzo oggi ritenuto davvero esagerato l’Antonveneta, accollandosi pure i debiti. La documentazione che la Guardia di Finanza ha sequestrato è sotto il minuzioso controllo degli inquirenti che vogliono sapere dove sia finita la plusvalenza di questa discussa compra vendita.
Una fatto grave, che una parte della politica di destra ha trasformato subito in giudizi senza appello per scagliarsi contro il centro sinistra. Oggi, però spunta un altro nome interessante che con il PD non ha nulla a che fare. Si tratta di Andrea Pisaneschi, ex consigliere d’amministrazione eletto direttamente dalle fila di Forza Italia, e guarda caso,  presidente di Banca Antonveneta per tre anni, fino al luglio del 2011, quando fu costretto a dimettersi perchè coinvolto in un altro dissesto finanziario, quello del Credito cooperativo di Denis Verdini, quest’ultimo accusato di illecito e appropriazione indebita e falso in bilancio.
E anche in questo caso emerse un giro di soldi pazzesco. Insomma come coccodrilli le banche sguazzano in cerca di una  grassa preda, spesso approfittando dell’assenza di organismi di controllo che al contrario dovrebbero vigilare sul rispetto della trasparenza.

Ma per ora, come insegna la vicenda dell’Antonveneta almeno nel mondo bancario, sembra che tutto sia ammissibile, tant’è che l’Antonveneta prima di arrivare nelle mani di MPS non è passata solo alla Santander, ma anche  al colosso olandese Abn Amro. Lo stesso che nell’aprile del 2006  proprio il Gruppo Santander con il consorzio di cui fa parte assieme a Royal Bank of Scotland e Fortis voleva acquisire a  71 miliardi di euro, ma mancava la liquidità sufficiente per portare a conclusione l’affare.
Sta di fatto che proprio quello stesso periodo diventa un’autostrada di investimenti e cambi di timone da parte delle banche.

Quella veneta finisce in mano agli olandesi nell’aprile del 2006, con i quali avevano già siglato accordi commerciali nel 1995 dopo aver acquisito un primo pacchetto di azioni. Un’operazione definita azzardata e poco chiara, perchè in teoria pochi mesi dopo, ovvero nell’ottobre del 2007 viene formalizzata l’offerta di acquisto di Antonveneta da parte di Santander, andata a termine a novembre. Fatalità nello stesso mese in cui viene venduta anche all’MPS. E non finisce qui. Perchè sempre nello stesso periodo che va dall’ottobre del 2007 al novembre dello stesso anno, le tre banche europee, Royal Bank of Scotland, Fortis e Banco Santander annuciano prima di essere in possesso dell’86% delle azioni Abn Amro e successivamente del 97%, tant’è che nominano  Mark Fisher di Royal Bank of Scotland, come nuovo amministratore delegato.

Un giro davvero strano tra banche dove orbitano interessi stratosferici che sfuggono anche agli addetti ai lavori, anche perchè  tra questi giri miliardari  sembra che nell’operazione Antonveneta la Santander non abbia tirato fuori un soldo. O forse lo ha fatto solo per pochi giorni, o addirittura ore.
Chissà quali promesse reciproche si sono consumate sulle eventuali espansioni di mercato e sugli equilibri finanziari di queste mosse a primo acchitto incomprensibili.
Non dimentichiamo che nel 2007 la parola d’ordine per le banche era quello di espandere i propri confini, in modo da  spazzare via eventuali concorrenti. E Antonveneta faceva sicuramente gola a MPS.
Viene solo da chiedersi come ha fatto il numero uno di Santander, Emilio Botin, a imporre un prezzo così alto per l’Antonveneta. La risposta è che per l’MPS era l’unica opportunità di espandere gli orizzonti.

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