Mezzogiorno, un terzo d’Italia è più povero della Grecia

ROMA – E’ davvero impressionante la serie di dati sul Mezzogiorno d’Italia messi in fila dal Censis  nella presentazione dello studio “La crisi sociale del Mezzogiorno” nel corso della giornata dedicata a Gino Martinoli, che del Censis è stato uno dei fondatori. 

Disegnano un parte di un paese che sembra ormai aver rotto i ponti con il Nord e si avvia ad affondare in una profondissima crisi. che coinvolge aspetti economici, sociali e demografici, in stretta correlazione tra loro.

Il Segretario del Censis. Situazione non esplosiva ma disperata
“La crisi del Mezzogiorno d’Italia non è esplosiva, è disperata” e la soluzione del problema “non è solo questione di soldi, di investimenti, ma sta nell’aumentare la socialità”.
A dirlo Giuseppe Roma, segretario del Censis che sottolinea inoltre come anche la trasformazione della composizione demografica non faccia sperare in niente di buono: 400 mila giovani in meno già oggi e, tra 15 anni, 3 milioni di anziani in più, con un saldo demografico di un milione di abitanti in meno. Si prevede al 2030 un incremento della popolazione anziana di oltre il 35% . Crescerà molto anche il numero dei non autosufficienti, destinati a superare i 783.000, con un balzo di oltre il 50%.

Persi oltre 300.000 posti di lavoro

 Al Sud la crisi ha infatti colpito durissimo con  redditi più bassi che in Grecia, con il Pil che si è ridotto del 10 % dal 2007 contro il meno 5,7% del Centro Nord nello stesso periodo, con la maggior parte dei posti di lavoro persi dal 2008  oltre 300.000 su 505.000  nazionali con  con un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non riesce a trovare un lavoro, a fronte di un tasso nazionale al 25%. Se oltre ad essere del Sud e giovani si è anche donne la disoccupazione sale al 40%.  L’’Italia  si afferma come il Paese con le più rilevanti diseguaglianze territoriali fra i grandi sistemi dell’euro zona. Negli ultimi decenni il Pil pro-capite meridionale è rimasto in modo stabile intorno al 57% di quello del Centro-Nord, sancendo l’inefficacia delle politiche finora attuate per il sostegno allo sviluppo.

 Le due Italie fermano lo sviluppo. Secondo il Censis fra i grandi sistemi dell’euro zona l’Italia è il Paese con le più rilevanti diseguaglianze territoriali. Il Censis mette infatti a confronto il reddito pro-capite delle tre regioni più ricche e più povere dei grandi Paesi dell’area dell’euro, confronto da cui emerge come l’Italia abbia il maggior numero di regioni con meno di 20.000 euro pro-capite, ben 7 rispetto alle 6 della Spagna, le 4 della Francia e una sola della Germania.
Al capo opposto della classifica la Germania ha 10 regioni con oltre 30.000 euro pro-capite, la Francia la sola Ile-de-France, mentre l’Italia ne ha 5 e la Spagna nessuna.
In particolare il Centro-Nord, con i suoi 31.124 euro di Pil per abitante, registra livelli vicini a quelli della Germania e ai suoi 31.703 euro. Al capo opposto i livelli di reddito del Mezzogiorno, 17.957 euro pro capite,  sono inferiori a quelli della Grecia, 18.454 euro. Sono ormai due Italie

Più povertà e più disuguaglianza
Calabria, Sicilia, Campania e Puglia registrano indici di diseguaglianza più elevati della media nazionale. Il 26% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno è materialmente povero, ovvero 1 famiglia su 4 ha difficoltà oggettive ad affrontare spese essenziali o è impossibilitate a sostenere tali spese per mancanza di denaro. La media nazionale è al 15,7%. E nel Sud sono a rischio di povertà 39 famiglie su 100 a fronte di una media nazionale del 24,6%.

Fondi europei. O non spesi o spesi inutilmente
I contributi assegnati per i programmi dell’Obiettivo Convergenza destinati alle regioni meridionali ammontano a 43,6 miliardi di euro per il periodo 2007-2013. Di questi fondi a 9 mesi dalla chiusura del periodo sono impegnate appena il 53% delle risorse disponibili e spesi 9,2 miliardi, un quinto.
Ma le spese sembrano essere state effettuate inutilmente, tanto che nel prossimo ciclo di programmazione l’Ue stima che la popolazione sottoposta all’Obiettivo Convergenza passerà in Italia dall’11% al 14% del totale, mentre altri Paesi vedranno calare drasticamente tale quota: la Germania passerà dal 5,4% allo 0% e la Spagna dal 9,1% allo 0,9%.

Scuola e formazione. Si spende di più e si ottiene di meno
La spesa pubblica per l’istruzione e la formazione nel Mezzogiorno è molto più alta di quella destinata al resto del Paese: il 6,7% del Pil contro il 3,1% del Centro-Nord, ovvero 1.170 euro pro-capite nel Mezzogiorno rispetto ai 937 del resto d’Italia (ovvero il 24,9% in più). Nonostante ciò il tasso di abbandono scolastico è del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord e i livelli di apprendimento e le competenze sono decisamente peggiori. Preoccupante poi il fenomeno Neet con le regioni meridionali che presentano una incidenza superiore alla media nazionale: il 31,9% dei giovani di 15-29 anni non studiano e non lavorano. Dati da emergenza sociale in Campania, 35,2%, e in Sicilia, 35,7%.

Sanità Pubblica in via di chiusura. Per chi se lo può permettere c’è il “turismo sanitario”
Il giudizio dei cittadini in termini di qualità dei servizi sanitari è nettamente peggiorato negli ultimi cinque anni. A dirlo sono il 7,5% dei cittadini nel Nord-Ovest e il 32,1% al Sud. Come conseguenza di ciò ben il 17,1% dei residenti meridionali si è spostato in un’altra regione per farsi curare.

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