Pd. Scontro duro. Civati, i traditori saranno ministri. No dai circoli alle larghe intese

Fabrizio Barca: “Sono prevalsi i personalismi”

ROMA – Nel Pd la protesta su quanto sta avvenendo, il governo di larghe intese che si va profilando, si fa sempre più forte.In diverse città e sedi di partito sono state “ occupate” dagli iscritti. Primo sondaggi come quello effettuato da Damanti che compare su Repubblica mostrano come sia netta la contrarietà ad un governbo Pd-Ple qualche che sia l suo nome. E si sviluppa la polemica nel gruppo dirigente in vista della riunione della direzione che si terrà martedì nel corso della quale si dovrà decidere non solo la linea che l partito dovrà seguire ma anche chi sarà chiamato a dirigerlo in questa fase. Dopo le dimissioni di Bersani e della intera segretaria, di Rosy Bindi ci sono forti pressioni perché la decisione del segretario diventi operativa non in tempi rapidi. Altro argomento la convocazione dell’assemblea nazionale che dovrà decidere la data del congresso anticipandolo rispetto ai tempi previsti dallo Statuto.Interviste, dichiarazioni, si incrociano  sui giornali, sui blog. Il candidato sinbdaco al Comune di Roma e Laura Puppato smentiscono le possibili dimisioni dal Pd di cui hanno parlato alcuni giornali. Il sindaco di Firenze parla di come intende “ rifondare “ il partito, pensa ad un governo del Presidente che duri  pochi mesi e poi il ritorno alle  urne. Durissimo uno dei leader dei giovani parlamentari, Pippo Civati  Accusa i “ seniores” di Largo del Nazareno,senza fare nomi ma  di essere parte del piano che ha sabotato la candidatura di Romano Prodi. “Si parla molto di ‘traditori’ ma state attenti – afferma-perché i soliti protagonisti della politica italiana che ora chiamate così poi potreste ritrovarvi, tra qualche ora, a chiamarli ‘ministrì. Tutti insieme. Appassionatamente-“, dice Civati  “I traditori-ministri hanno «un argomento formidabile: dopo che abbiamo ridotto il centrosinistra così, non vorrete mica andare a votare? Affidate le cose a noi, sappiamo come si fa».

Sul suo blog, Civati  sottolinea  «che se avessimo votato Prodi o Rodotà, non saremmo andati a votare, come le vecchie volpi della politica hanno ripetuto (altro che Twitter) a tutti i giovani deputati. No, semplicemente avremmo fatto un governo del Presidente. Con un Presidente,  un governo e una maggioranza molto diversi da quella che vedremo tra qualche ora. Spero sia chiaro a tutti. Anche a quelli che, come me, in questi giorni hanno perduto” Poi prende di petto quanti, nel gruppo dirigente del Pd, hanno sparato soprattutto sui giovani parlamentari che non avrebbero retto l’urto delle proteste sui socialnetwork o nelle piazze. “Il Pd ha deciso: è tutta colpa vostra. Dei vostri tweet e dei vostri commenti. Siete il ‘popolo della retè, quello che fa sbagliare (!) i parlamentari con le sue indicazioni. Non ci interessa sapere se abbiate una vita o un lavoro (o non l’abbiate). Ci interessa solo poter dire che i vostri tweet (e anche gli sms) sono eversivi”, ha detto in modo ironico   “È tutta colpa dei social network, dell’inadeguatezza (Bindi dixit) dei nuovi parlamentari, che non hanno idee, no, loro guardano solo i palmari e si fanno dare la linea da generici elettori scatenati- ha proseguito-peccato, però, che qualcuno le stesse cose le avesse dette prima che si alzasse l’onda anomala di messaggi sul web, peccato che i sondaggi – come quello di oggi – avessero indicato che soltanto una percentuale al di sotto del 10% degli elettori del Pd fosse d’accordo per uno schema delle larghe intese e con il Presidente scelto da Berlusconi in una rosa di nomi da noi proposta (da cui è uscito Marini)”. 



Quanto al possibile governo di larghe intese, Civati sottolinea che osserva che “ Napolitano ha annunciato che  dirà quali sono le condizioni che gli hanno fatto accettare il secondo mandato. Condizioni di cui nessuno ha parlato ufficialmente e che certo il Pd non ha valutato. Anzi-conclude- Bersani ha spiegato ripetutamente che non c’erano, quelle condizioni. Personalmente, voglio fidarmi: mi chiedo però perché tutti parlino di Amato, Berlusconi sia in un brodo di giuggiole e i nostri filo-governissimo così scatenati. Curioso, no?”

Anche Fabrizio Barca, ministro uscente della Coesione territoriale e neo iscritto al Pd usa toni critici nei confronti del partito e del recente voto in una intervista rilasciata a l’Unità. “Constato che il gruppo dirigente ha ritenuto di non poter reggere oltre. Eppure Prodi, Rodotà e Bonino rappresentano le tre grandi culture del Pd, quella liberale, quella socialista e quella cristiano sociale. Perché non si trovata un’intesa su uno di questi nomi? Evidentemente hanno prevalso i personalismi, come si è visto nell’irraccontabile voto su Prodi”. E poi su eventuali scissioni, Barca propone: “Cercherei di ripartire in positivo. Il Pd ha le carte in regola per essere ancora un punto di riferimento, le sue culture fondative sono forti e apprezzate dal Paese e anche da un movimento di opposizione come i 5 stelle. Il Pd può ripartire da qui, ha le carte dentro di sé, nella convergenza delle sue grandi culture, ogni divisione sarebbe insensata”.

 


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