Intervista a Peluffo. Rai, guida e politiche editoriali emergenza del Paese. Il caso “Mission”

Intervista al capogruppo Pd in Commissione di Vigilanza Rai

ROMA – Sono giornate torride per Roma, per il meteo, per la politica, e per la Rai. L’annuncio dell’ennesimo reality show, The Mission, previsto per il prossimo dicembre, ha scatenato le consuete polemiche sull’uso scandaloso e cinico del dolore da parte della tv. Dopo alcuni mesi di apparente calma piatta, dettata dalla strategia del silenzio della coppia Tarantola (presidente) e Gubitosi (direttore generale), ecco levarsi sul cielo della Rai nuove e più minacciose nubi, che fanno presagire una ripresa autunnale non proprio serena.
Dazebao ne ha lungamente parlato con Vinicio Peluffo, deputato e capogruppo Pd in Commissione di Vigilanza. In realtà, Peluffo, milanese, 42 anni e due figlie piccole, era già membro della Commissione nella scorsa legislatura, quando presidente era Sergio Zavoli, e il Pd era, all’epoca della elezione del presidente, all’opposizione. Oggi, il presidente è Roberto Fico, deputato del Movimento 5 Stelle.

Da Sergio Zavoli a Roberto Fico: la presidenza della Commissione di Vigilanza cambia stile…
In realtà sì. Io sono fiero di aver partecipato alla Commissione guidata da Sergio Zavoli, uomo coltissimo, conoscitore dei meccanismi televisi, appassionato difensore delle ragioni del servizio pubblico radiotelevisivo. Ma soprattutto, un grande uomo delle istituzioni, e rispettoso del galateo istituzionale, libero, inclusivo, tollerante. Zavoli ha svolto il suo ruolo di presidente della Commissione di Vigilanza nel rispetto esclusivo delle sue prerogative istituzionali, trascurando, nelle sue funzioni, perfino le sue posizioni di parte. Oggi, invece, a pochi mesi dalla elezione, mi sembra che le uscite del neo presidente Fico siano più dettate da logiche interne del M5S che dal rispetto delle funzioni istituzionali. Ti faccio un esempio: non si è mai visto un presidente che annuncia un pacchetto di emendamenti e di ordini del giorno della propria parte politica. Lui l’ha fatto.

E poi emerge la grande questione irrisolta, per cui il M5S, attraverso il blog di Grillo, chiede addirittura la svendita di alcune reti Rai…
Già. Paradossalmente, nell’epoca della rivoluzione digitale e della moltiplicazione dei canali, che rende decisamente obsoleta la tv generalista, c’è ancora qualcuno che predica la svendita di reti Rai. Invece, è proprio dalla transizione tecnologica dettata dal digitale che occorre partire per capire quale partita si stia giocando nel sistema televisivo nel suo complesso, e in Rai in particolare. Per effetto degli investimenti inevitabili e della crisi del fatturato pubblicitario, la Rai si è trovata con un deficit di 200 milioni di euro, in base al quale il nuovo presidente e il consiglio di amministrazione hanno dovuto assumere decisioni importanti sul piano del risanamento del bilancio. E finora, dalle indicazioni che sono pervenute in Commissione di Vigilanza, sembra che sia stata percorsa una strada virtuosa.

Però, il presidente della Commissione Fico e il M5S pare abbiano chiesto una indagine conoscitiva sulla Rai…
La Commissione ha compiti di indirizzo e di vigilanza. Non ha poteri di indagine. Se Fico chiede un’indagine, deve rivolgersi ad altri poteri dello Stato. È un altro esempio di mera propaganda. In passato, forse, si sono verificati sprechi di risorse per effetto di una distorsione del soggetto decisionale dell’azienda pubblica, il Consiglio di Amministrazione, che decideva su tutto. Più volte, in passato, dall’opposizione, abbiamo denunciato scelte non trasparenti e non rigorose da parte della maggioranza del Consiglio di amministrazione della Rai, che decideva senza pagare nulla sul piano della responsabilità civile. Oggi, invece, i poteri del presidente e del direttore generale sono stati estesi, e più estesa è l’assunzione di responsabilità giuridica da parte loro. Presidente e direttore generale possono operare scelte fino ad un importo di dieci milioni di euro.

Prove generali del vecchio pallino del Pd di affidare tutta la gestione Rai ad un amministratore delegato, sul modello delle grandi aziende private?
Il tema della riforma della governance della Rai è sempre urgente e sempre sul tappeto. Spetta alle forze politiche in Parlamento scegliere quale strada legislativa percorrere, non certo alla Commissione di Vigilanza. Certo, restare fermi alla legge Gasparri è un errore macroscopico, perchè significa impigliarsi nel condizionamento della politica, che sceglie le persone che governano la Rai, e in ricaduta, come occupare gli spazi radiotelevisivi, soprattutto quelli informativi. Insomma, significa sciogliere finalmente il legame malefico tra la Rai e alcune forze politiche.

E sulla governance, qual è il tuo punto di vista?
Mi sembra che il modello BBC sia quello vincente. E non quello dei format della tv olandese,vedi Mission. Un servizio pubblico finanziato interamente dal canone di abbonamento, che produce palinsesti importanti e in grado di vincere la competizione sul mercato televisivo. Ed eventualmente, una rete interamente finanziata dalle risorse pubblicitarie, come accade per Channel 4. In virtù di questa trasformazione del servizio pubblico, si può pensare alla nuova governance che ripercorre lo schema britannico: intanto, una Royal Charter – che per noi è il contratto di servizio – che istituisce le regole di governance; un trust, che ha poteri di indirizzo, e di guida delle politiche dell’azienda; norme di trasparenza e di lealtà. Si può partire da queste acquisizioni e aprire un dibattito tra le forze politiche, economiche e sociali del Paese. Insomma, una scelta va compiuta, perchè la guida della Rai è una delle emergenze del Paese.

Ciò significa entrare anche nel merito delle politiche editoriali?
Rispettando l’autonomia decisionale della Rai, sì. A me pare che negli ultimi anni sia mancato coraggio nelle decisioni di contenuto della più grande azienda editoriale italiana. Ad esempio, su sollecitazione del presidente Napolitano, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia avrebbe dovuto essere l’occasione per aprire un ciclo nuovo, di svecchiamento del pubblico della Rai ed anche dei suoi linguaggi. Non so se l’impresa sia riuscita del tutto. Anzi. Resta tuttavia la grande questione di chi e come racconterà l’Italia delle nuove generazioni e del futuro. Si ha la sensazione che l’Italia sia cambiata profondamente, mentre la Rai non riesce a cogliere, o non vuole cogliere, questi cambiamenti. Le nuove generazioni sono già uno splendido melting pot di colori, di lingue e di culture. Ne parlerà la Rai? Abbiamo fissato, a questo proposito, un’audizione con il nuovo direttore della Fiction Rai, Andreatta, proprio per capire come la Rai abbia raccontato l’Italia, e come intenda raccontarla in futuro. E infine, c’è un’altra occasione sul tappeto: l’Expo del 2015 a Milano, concentrata sulle grandi questioni del cibo mondiale e dell’ambiente. Come intende raccontarla, la Rai?

Come si vede, la vicenda della Rai è ancora una ferita aperta, per le forze politiche, sociali ed economiche del Paese. Eppure, come tutti sappiamo, la Rai resta ancora decisiva per la formazione di ampia parte di opinione pubblica, educa ancora tante coscienze, e forma milioni di persone. Quando, la sua riforma, rientrerà all’ordine del giorno della Sinistra e del Pd?

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