Trattativa Stato-mafia, Onorato: “C’era un piano per uccidere Andreotti e figlio”

ROMA – E’ un fiume in piena la confessione di Francesco Onorato, il pentito di mafia che oggi ha deposto in videoconferenza al processo per la trattativa tra Stato e mafia a Palermo. Un nuovo tentativo di fare luce sugli avvenimenti più criptici, oscuri e dibattuti della storia politica del nostro paese. Ovviamente ha dato una sua versione dei fatti e spetterà alla magistratura a giudicarne il valore e la credibilità.

“Sono stato vent’anni in Cosa nostra ed è sempre stato risaputo che c’era una convivenza tra politici e Cosa nostra…” esordisce il collaboratore, ribadendo subito che “A volte potrei dire tante cose sui politici, ma non le dico perché temo le conseguenze”. Onorato, uno dei killer del parlamentare Dc Salvo Lima, ha poi descritto nei particolari l’attentato all’eurodeputato la mattina del 12 marzo 1992. “Ho organizzato tutta la fase esecutiva, aspettavamo il segnale del telefono per avvicinarci al momento dell’uscita di casa di Salvo Lima. La motocicletta era rubata. Noi eravamo armati. Indossavamo giubbotti antiproiettili. Appena lo abbiamo visto ci siamo avvicinati alla sua auto, Lima era con altri due. D’Angelo che era con me era emozionato, li ha sorpassati troppo. Così mi sono girato e gli ho sparato dei colpi di pistola per bloccarli. Sono sceso dalla moto, ho inseguito Lima e gli ho sparato”. Quindi alla domanda del pm Antonino Di Matteo se “ci sono altri delitti sollecitati a Riina da esponenti politici o istituzioni”, Onorato ha risposto: “Per quello che so Mattarella è stato pressato da altri politici”. Quindi il pentito racconta che Cosa Nostra aveva nel mirino anche Giulio Andreotti e uno dei suoi figli: “Salvatore Biondino mi disse che per quanto riguardava il progetto di uccidere Giulio Andreotti e il figlio, se ne stavano interessando i fratelli Graviano a Roma. C’era peraltro qualche problema, perché gli venne rinforzata la scorta proprio in quel periodo. Ma l’omicidio si sarebbe dovuto fare in ogni caso”. Ma non c’era solo Andreotti nella lista, Onorato ribadisce che la mafia aveva più di un solo obiettivo: “Ho eseguito anche dei pedinamenti a Valdesi per seguire Vizzini, anche Mannino doveva essere ucciso. C’era una specie di lista: si dovevano uccidere oltre ad Andreotti, i cugini Salvo, Martelli, Craxi, e Salvo Lima era il primo della lista. Nella lista c’erano pure Serafino Ferruzzi e Raul Gardini”. 

 

Onorato continua: “Prima i politici hanno fatto fare le cose a Riina e poi lo hanno mollato. Ecco perché è arrabbiato con lo Stato. Prima ci hanno fatto ammazzare Dalla Chiesa e hanno fatto sentire il fiato sul collo a Craxi e Andreotti, poi quando l’opinione pubblica è scesa in piazza, i politici si sono andati a nascondere”. “Perché Riina dice sempre ‘Lo Stato, lo Stato’ – dice ancora Onorato in videoconferenza – Perché è l’unico che sta pagando il conto, mentre lo Stato non sta pagando niente, per questo motivo Riina accusa sempre lo Stato, non perché se lo inventa. Ha ragione ad accusare lo Stato, da Violante ad altri. E’ lo Stato che manovra, ha ragione Riina”. “Furono sempre i politici a farci mettere in giro la voce che la bomba all’Addaura se la mise da solo il giudice Falcone. Lo volevano fare passare per un bugiardo, per indebolirlo. Era una pressione fatta dai politici a Cosa nostra”, ha aggiunto Onorato, parlando del fallito attentato all’Addaura, nella villa al mare del giudice Giovanni Falcone, il 21 giugno 1989. “La misi io quella bomba – dice ancora Onorato – e quando abbiamo fatto l’attentato all’Addaura, abbiamo messo in giro la voce che la bomba se l’era messa Giovanni Falcone da solo, per farlo diventare un biguardo, una persona di poco conto. E Salvatore Biondino mi disse che questa era una pressione fatta dai politici. Si doveva vergognare Falcone che si metteva le bombe, in modo da farlo diventare debole”.

Infine su Martelli: “Lo abbiamo fatto diventare ministro noi, abbiamo anche investito 200 milioni di vecchie lire. Cosa nostra voleva farlo diventare nell’88 ministro di Grazia e Giustizia, perché si diceva che piano piano avrebbe fatto uscire i mafiosi dal carcere e che nessuno doveva stare molto in carcere”.

Nella giornata di oggi è arrivata alla Corte d’assise di Palermo anche la lettera inviata dal Presidente della Repubblica in cui si annuncia la sua disponibilità ad essere esaminato nel processo. 

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