Nasce la nuova Forza Italia, mentre si strutturano i gruppi guidati dal Vicepremier

Un centrodestra di Governo (con Alfano). Ma anche di dura opposizione (con Berlusconi)

 

ROMA – “E’ stata la scelta giusta per consentire a questo governo di andare avanti”. Così Angelino Alfano in una conferenza presso la Stampa estera di Roma oltre ad annunciare ufficialmente la nascita di gruppi autonomi chiamati Nuovo centrodestra, replica anche al suo mentore, Silvio Berlusconi che nella mattinata aveva rilanciato il suo vecchio soggetto politico, al quale il Vicepremier, insieme ad una parte autorevolissima dell’ormai ex Pdl, non ha voluto aderire. Il vicepremier spiega che ha deciso di separarsi perché a lui non piaceva la prospettiva di “buttare giù tutto e andare al voto anche perdendo”. Ma è stata “una scelta per me dolorosa e amarissima, perché Forza Italia è il movimento politico nel quale ho creduto nel 1994, che ha avuto la sua evoluzione nel Popolo della libertà, che mi ha visto unico segretario che ha centrato il record di adesioni con oltre un milioni di tesserati. E’ una scelta che facciamo con amarezza e con grande amore per l’Italia”, perché “sogniamo una grande forza per un grande Paese. La scelta è nata quando abbiamo avuto la sensazione concreta e insuperabile che prevalesse la scelta del voto anticipato, senza una prospettiva avanti a sé, senza il presidente Berlusconi candidabile e con questa stessa legge elettorale”. Sulle sorti del Governo Alfano ha chiesto 10 mesi di tempo per far quadrare i conti, sia politicamente, ma soprattutto economicamente. Quel che è certo è che questo sabato di metà novembre andrebbe analizzato soprattutto sulle prospettive politiche che ci consegnano un Centrodestra, nella sua complessità, di lotta e di Governo. In buona sostanza, da un lato Alfano, i suoi ministri, parte della classe dirigente della prima Forza Italia e della vecchia An, ed una parte minoritaria di militanti che si schierano con l’Esecutivo delle larghe intese, e dall’altra i berluscones, pronti ad attaccare, senza alcun problema di coscienza qualsiasi decisione venga adottata da Palazzo Chigi, a partire proprio dalle Legge di Stabilità che tanti malumori sta scatenando tra le parti sociali. Sembra, vista la scarsa conflittualità tra Alfano e Berlusconi, che si stia giocando su sponde diverse ma per un obiettivo comune. Presenti nel Governo e leader nell’opposizione.

Ma torniamo alla kermesse forzista dell’Eur, dove Berlusconi ha dettato la linea del suo ‘nuovo’ movimento. E’ stato un Cavaliere d’annata, quello che non ha assolutamente incantato neppure il più che casalingo auditorium del Palazzo dei Congressi di Roma. L’ex Premier, che si prepara a ricevere in benservito dal Senato, sembrava un disco rotto, le cui tracce in vinile, erano ben divise dall’odio verso i comunisti (ci sono ancora ndr) e citazioni, storicamente a sproposito, come quella su Antonio Gramsci. Poi, ‘pezzo forte del suo repertorio, ha voluto affondare il suo coltello contro la magistratura, incarnata, secondo lui, solo ed esclusivamente in Magistratura Democratica e va detto che questa volta non ha fatto distinzioni, tulle le toghe sono infatti la stessa famiglia, almeno, nel passato ci aveva abituato a dei distinguo. Dicevamo una platea amica che ha condiviso il ripetitivo discorso. Bastava, per evitargli la fatica, riproporre qualcosa d’annata, come il celebre discorso della discesa in campo, e nulla sarebbe cambiato, né politicamente, né mediaticamente, su quest’ultimo punto, però qualche differenza c’è ed è assolutamente distante anni luce, non solo dalle riprese ovattate nel suo studi di famiglia nella reggia dell’hinterland milanese, ma anche nel pglio dell’ex Presidente del Consiglio. Va detto, infatti, che al Cavaliere è mancata la brillantezza del passato, ma questo è decisamente comprensibile vista l’età e i pensieri ‘giudiziari’ che lo attanagliano. Berlusconi ha parlato per oltre un’ora e mezza per rilanciare, con speranza, la sua Nuova Forza Italia.

 

Nessun contraddittorio. Una relazione da ‘Uomo solo al Comando’ che si è inarcata sui soliti e noti temi, graditi dalla platea, ma forse molto meno dal Paese, costretto a convivere con scenari da dopoguerra. Ma il Cavaliere non ha cambiato ‘canovaccio’ ed ha riproposto, sul palcoscenico del Palazzone dell’Eur, tutto il meglio del suo repertorio. Alla fine  del suo intervento, dopo una standing ovation di una platea assonnata contro i traditori guidati da Angelino Alfano, resta nella memoria l’invito, dopo il ricordo della fine fatta da Gianfranco Fini,  a tenere aperta la porta ai moderati del centrodestra: restare uniti per frenare la sinistra, le toghe politicizzate e contrastare l’Europa in mano ai tecnocrati. Nella sostanza è chiusa l’attività del Pdl (salvo utilizzare il marchio per una federazione elettorale)  e con il passaggio a Forza Italia viene affidato allo stesso Berlusconi il mandato politico e giuridico conferendogli la responsabilità della guida del movimento secondo lo statuto di Fi. Una grande novità di democrazia e libertà, libertà, per altro più volte esaltata dal Leader Unico, nel corso della sua esclusiva manifestazione. Po ci sarebbe decisamente da ridere, se ci fosse un minimo di conoscenza di come un partito vive la democrazia interna. L’intervento dell’ ‘Uomo solo al Comando’, dopo un intervento sanitario per sostenerlo con un bicchiere d’acqua, si è chiuso chiuso in bellezza e tra i fuochi d’artificio della sua personale conoscenza della democrazia oltre che parlamentare ed istituzionale, anche della forma partito: “Sono felice di questa unanimità (ma va…) e credo sia un buon viatico per questa avventura di libertà che ci siamo tutti insieme impegnati a combattere con questo voto”. Parole che non possono non ricordarci le vittime politiche del percorso politico berlusconiano. Dopo Gianfranco Fini, sotto la mannaia del ‘centralismo democratico’ di Berlusconi (ma chissà se scopriremo tra qualche tempo che proprio il Cavaliere ha studiato e riproposto i sacri testi orribilmente comunisti, con un condimento molto italiano, del quale, per motivi di decenza non vogliamo parlare ndr) sono caduti Alfano, Lupi, Quagliariello, Lorenzin, De Girolamo e Cicchitto, ma prima di loro toccò a Vittorio Dotti, ex avvocato sia del Presidente che di Fininvest, cacciato con disonore da Capogruppo di Forza Italia, oltre che da legale. Ma nella lista nera del Cavaliere, non possiamo non ricordare chi, come Indro Montanelli, fu cacciato, anche se le veline berlusconiane parlavano all’epoca di ‘divisione consensuale’ o ‘ dimissioni spontanee’, ma se parliamo di giornalisti non possiamo non ricordare la caduta in disgrazia di Lamberto Sposini che entrò in rotta di collisione con l’allora direttore del Tg5, fedelissimo del Cavaliere, Carlo Rossella, che contrastò con tutte le sue forze, la messa in onda di una nota di Piero Fassino. Secondo i racconti, Sposini lasciò la redazione con una triste battuta: “Non lavorerò come scribacchino di Bonaiuti”. A concludere l’opera di ‘purificazione’ nelle emittenti del ‘Biscione’ l’addio di Enrico Mentana, in questo caso però va detto a discolpa parziale del Cavaliere, che comunque mai prese le parti all’ex mitraglietta del Tg2, i dissapori tra lo stesso Mentana e l’Ad di Mediaset, e più che amico del Cavaliere, Fedele (un nome una garanzia ndr) Confalonieri.

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