La legge elettorale passa alla Camera. Intesa tra Grasso e Boldrini

ROMA – E’ stata raggiunta l’intesa  per il passaggio dell’esame della legge elettorale dal Senato alla Camera. Questo l’esito dell’incontro di oggi a Montecitorio tra i presidenti di Camera, Laura Boldrini e al Senato, Pietro Grasso. 

Ora le riforme, fanno sapere le due cariche istituzionali,  procederanno in parallelo: alla  Camera la legge elettorale, al Senato le riforme costituzionali.  Questo in sintesi il contenuto dell’intesa tra Montecitorio e Palazzo  Madama . La Presidente Boldrini aveva avviato ieri la procedura di  intese per stabilire la priorità nella definizione del testo di  riforma elettorale, a seguito della richiesta emersa nella  Conferenza dei Capigruppo della Camera del 5 dicembre scorso e della successiva iscrizione all’ordine del giorno della Commissione affari costituzionali della materia elettorale, già in corso di esame presso l’omologa Commissione del Senato.Questa mattina la Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, ha informato il Presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama dell’orientament favorevole dei Gruppi PD, Movimento 5 Stelle e Misto-SEL al trasferimento alla Camera della legge elettorale; contrari i Gruppi Forza Italia-PdL, Nuovo Centro Destra, Lega Nord, GAL, Autonomie, Per l’Italia e Scelta civica. I Presidenti dei due rami del Parlamento hanno preso atto della sussistenza di una maggioranza numerica di senatori e deputati (alla Camera anche il Gruppo Fratelli d’Italia) favorevoli al superamento del principio della priorità temporale, in forza del quale l’iter sarebbe dovuto proseguire al Senato.  Su tale presupposto i Presidenti Grasso e

Boldrini, nel definire l’intesa sul passaggio della materia elettorale alla Camera dei deputati, hanno allo stesso tempo convenuto sull’esigenza, anche ai fini di un’equilibrata condivisione dell’impegno riformatore, che il Senato abbia la priorità nell’esame dei progetti di legge di riforma costituzionale già presentati e preannunciati, in particolare quelli concernenti il superamento del bicameralismo paritario e per l’avvio di un più moderno ed efficiente bicameralismo differenziato. Tale percorso richiede evidentemente una conseguente e chiara assunzione di responsabilità da parte dei gruppi politici di entrambi i rami del Parlamento. I Presidenti delle Camere si sono infine impegnati a vigilare affinchè le due Commissioni affari costituzionali procedano parallelamente con costante e reciproca attenzione sui rispettivi lavori, al fine di assicurare un più spedito e proficuo svolgimento dell’iter delle riforme che interesserà il prosieguo della legislatura.

Dario Franceschini ha subito espresso enntusiasmo per il risultato raggiunto: «In assenza di un accordo tra le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, – ha detto il ministro per i rapporti con il parlamento e per il coordinamento dell’attività di Governo –  i Presidenti delle Camere hanno compiuto una scelta equilibrata che rispetta il ruolo di Senato e Camera e consente di chiudere una discussione sul metodo per avviare finalmente un lavoro sul merito, con un percorso contestuale su legge elettorale in partenza alla Camera e superamento del bicameralismo in partenza invece al Senato. Peraltro – ha aggiunto Franceschini –  non vorrei che nel dibattito di queste ore si dimenticasse che ad oggi il sistema resta proprio bicamerale e quindi la rilevanza

della scelta del ramo del Parlamento da cui parte un iter legislativo non toglie assolutamente nulla alla sovranità dell’altra. Vorrei poi si ricordasse che le legittime opinioni diverse tra gruppi della maggioranza sull’iter dei provvedimenti, non c’entra nulla col principio ribadito dal Presidente del Consiglio e dai leaders dei partiti che sostengono il governo, a cominciare dal neosegretario del Pd Matteo Renzi, che sulle regole si parte ovviamente da un’intesa dei partiti di maggioranza, per poi doverosamente cercare un accordo più largo in Parlamento».

 

 

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