A Renzi dai Giovan turchi. Il piano del lavoro non va bene

ROMA – Nel Pd qualcosa si muove. Già Gianni Cuperlo aveva espresso critiche alla anticipazioni pubblicate da Repubblica in merito al “ job act”, tradotto in lingua italiana il piano per il lavoro  sul quale ha lavorato lo  staff di Matteo Renzi  che già in  una iniziativa alla Leopolda, si era occupato del problema lavoro.

In un intervento sulla rivista Leftwing si pronuncia Matteo Orfini cheespirme un giudizio fortemente negativo a nome dei “ Giovani turchi” xhe si collocano  nell’area della sinistra del Pd Con Orfini hanno firmatol’articolo Fausto Raciti,Chiara Gribaudo e Valentina Pans. Nell’articolo si esprimono anche giudizi non proprio positivi per le misure contenute nella legge di stabilità approvata proposta dal governo e approvata dal Parlamento.. Le proposte del nuovo segretario e quelle del governo sonoi definite “insufficienti”.

 

 

“La necessità, richiamata dal segretario del Pd, di un piano per il lavoro che contrasti precarietà e disoccupazione è largamente condivisa e tuttavia- scrivono i “ Giovani turchi”-” sia le ricette che dovrebbero comporre il cosiddetto job act, sia le misure varate dal governo con l’ultima legge di Stabilità, destano diverse perplessità.Le une come le altre  spiegano le ragioni della drammatica e apparentemente irreversibile crisi occupazionale con l’eccessiva tassazione su lavoro e imprese da un lato, dall’altro con la presunta complessità o rigidità del mercato del lavoro”. 

 

 

 

La dinamica occupazionale non registrerà alcun shock positivo

“Tagliare il cuneo fiscale (come ha cominciato a fare il governo) – prosegue l’articolo-e rendere le regole del lavoro meno macchinose” non sono le “soluzioni a buona parte dei nostri problemi e in nessuno dei due casi la dinamica occupazionale registrerà lo shock positivo auspicato”. “ Non rappresentano “la priorità”-  affermano- citando. ad  esempio  l’intervento sul cuneo fiscale previsto in legge di Stabilità, a causa della scarsità delle risorse impegnate, non avrà l’effetto sperato nemmeno sul ciclo dei consumi: chi si ritroverà qualche euro in più in busta paga, verosimilmente, più che spenderlo lo metterà a risparmio. La riduzione minima prevista dal governo rischia di essere un grave spreco, motivato più dall’esigenza propagandistica di rivendicare il segno meno sulla tassazione che da una concreta attenzione all’economia reale”.

Passando a prendere in esame “ l’idea che sembra ispirare il job act di Renz secondo cui sarebbe sufficiente agire sulle regole del mercato del lavoro e sulla formazione per creare occupazione e ridurre il gap occupazionale fra giovani e adulti-affermano i Giovani turchi- nonostante l’indubbio successo di cui ha goduto nel dibattito pubblico di questo ventennio, è del tutto priva di riscontri fattuali: la maggior flessibilità alla lunga non ha prodotto maggiore occupazione e lo svantaggio relativo dei giovani rispetto agli adulti in termini di tasso di disoccupazione, invece di diminuire, è addirittura aumentato”.

 

Orfini:.unico antidoto alla precarietà la definitiva stabilizzazione

Orfini e gli altri,firmatari condividono  che la precarietà rappresenta un problema “drammatico” sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale. Ma ribattono, “l’ipotesi di contratto di inserimento a tempo indeterminato, se da una lato va nella direzione giusta, dall’altro lascia almeno due fronti aperti. In primo luogo, quello che sarebbe il vero vantaggio per le imprese, cioè la copertura statale dei contributi per i primi tre anni, non risolve il pericolo di ricircolo dei lavoratori, che anzi potrebbe riproporsi in nuove forme. Va per questo riaffermato con forza che l’obiettivo, unico antidoto alla precarietà, deve essere la definitiva stabilizzazione. Quest’ultima può anche seguire un periodo di prova lungo, ma deve essere resa comparabilmente più vantaggiosa per l’impresa rispetto alla sua sostituzione con una nuova assunzione nel corso del triennio; facendo il ragionamento inverso, l’assunzione di nuovi candidati in prova potrebbe al contrario essere vincolata alla stabilizzazione di almeno una parte di quelli precedenti”.
. Affermano i  Giovani Turchi: se il vero incentivo arrivasse con la stabilizzazione, invece che all’origine del rapporto di lavoro, il ricorso stesso al licenziamento ne risulterebbe scoraggiato. “Secondo le anticipazioni sulla proposta di Renzi, il contratto di inserimento a tempo indeterminato verrebbe accompagnato da una indennità di disocupazione e dall’obbligo alla formazione per chi perda il lavoro-ricordano i Giovani turchi- ma  desta un certo stupore che si immagini di sostituire quelli attuali con un sussidio di disoccupazione universale a parità di risorse”. Meglio dicono investire le risorse che ci sono sulla creazione di posti di lavoro che non su un sussidio come quello al quale pensa il segretario Pd. 

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