Napolitano scrive alle Camere. Troppe ‘intrusioni’ nei Decreti

Il Capo dello Stato fissa i paletti per evitare il consueto assalto alla diligenza di fine d’anno

 

ROMA – Dopo il pasticcio sul Decreto Salva Roma, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha preso carta e penna ed ha deciso di scrivere alle Camere, nel tentativo di fissare dei paletti per evitare che la foga politica porti a debordare nei provvedimenti. Nella sostanza la più alta carica dello Stato, si mette di traverso all’ormai noto assalto alla diligenza, che ogni anno, qualsiasi sia la maggioranza che governa il Paese, che punta con emendamenti ad hoc e finalizzati al proprio tornaconto elettorale, a far lievitare il peso economico delle manovre. Napolitano chiede di rispettare l’omogeneità delle materie dei provvedimenti contenuti nei decreti presentati dal governo, Dal Quirinale è partita una lettera diretta ai Presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, e al presidente del Consiglio Enrico Letta, nella quale il capo dello Stato ricorda di essere stato obbligato ad avvalersi della facoltà del rinvio sul cosiddetto decreto salva Roma.

“Le modalità di svolgimento dell’iter parlamentare di conversione in legge del decreto 31 ottobre 2013, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali e interventi localizzati nel territorio -scrive Napolitano- nel corso del quale, al testo originario del decreto sono stati aggiunti 19 articoli per complessivi 90 commi, mi inducono a riproporre alla vostra attenzione la necessità di verificare con il massimo rigore l’ammissibilità degli emendamenti ai Ddl di conversione. Numerosi – scrive ancora Napolitano -sono stati i richiami da me formulati nelle scorse legislature, in presenza di diversi governi e in rapporto con diversi presidenti delle Camere, alla necessità di rispettare i principi relativi alle caratteristiche ed ai contenuti nei provvedimenti d’urgenza stabiliti dall’articolo 77 della Costituzione e dalla legge di attuazione costituzionale n. 400 del 1988″. E, va detto, che Napolitano per l’età, e soprattutto per l’esperienza maturata in Parlamento, prima come deputato, e successivamente come Presidente della Camera e ministro degli Interni, ha una certa preparazione per ‘inchiodare’ alle proprie responsabilità deputati e senatori. Nella lettera il Capo dello Stato cita anche atti di primo livello come “diverse sentenze della Corte Costituzionale. In particolare nella sentenza n. 22 del 2012, la Corte ha osservato che  l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto e alla finalità del decreto, spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal governo sull’urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge’. Valutazione fatta sotto la propria responsabilità e sottoposta al giudizio del capo dello Stato in sede di emanazione. La necessaria omogeneità del decreto legge –puntualizza ancora il Capo dello Stato-  citando il parere della Corte costituzionale- deve essere osservata anche dalla legge di conversione’, riservandosi la facoltà di annullare le disposizioni introdotte dal Parlamento in violazione dei suindicati criteri. Proprio a seguito di questa sentenza il 22 febbraio 2012 ho inviato ai presidenti pro-tempore delle Camere, una lettera nella quale avvertivo che, di fronte all’abnormità dell’esito del procedimento di conversione, non avrei più potuto rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, pur nella consapevolezza che ciò avrebbe potuto comportare la decadenza dell’intero decreto, non disponendo della facoltà di rinvio parziale. Esprimevo -ricorda ancora il presidente- inoltre l’avviso che in tal caso fosse possibile una parziale reiterazione che tenesse conto dei motivi posti alla base della richiesta di riesame. La stessa Corte Costituzionale, fin dalla sentenza n. 360 del 1996 ha posto come limite al divieto di reiterazione l’individuazione di nuovi motivi di necessità e urgenza. Rinnovo pertanto nello stesso spirito di collaborazione istituzionale l’invito contenuto in quella lettera, ad attenersi, nel valutare l’ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti legge, a criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto degli stessi e alle relative finalità, anche adottando – se ritenuto necessario – le opportune modifiche ai regolamenti parlamentari”.

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