ROMA – C’era molta carne al fuoco. C’erano molte attese per l’assemblea nazionale del Pd, la prima dopo la grande vittoria alle elezioni europee, quel 40,8 % ben fissato su uno striscione. Bene ha fatto il segretario e premier Matteo Renzi a ricordare che quella vittoria non riguarda solo le elezioni europee ma anche quella amministrative.
Certo le perdite di città come Livorno, Perugia,Potenza, Padova sono dolorose, devono farci riflettere, ma non annullano il successo riportato anche nelle amministrative e nelle regionali. Stando alle cronache dei media e ai commenti di alcuni autorevoli editorialisti, ha sottolineato, lo scontro sulle amministrative si sarebbe concluso, bontà loro, in parità. A suffragio di quanto detto da Renzi, aggiungiamo, ricordiamo di aver visto un cartello che faceva da sfondo a una trasmissione televisiva con scritto. “la vittoria del Movimento cinque stelle a Livorno cambia la storia”.
Un’occasione perduta per un reale confronto politico
Ma proprio per le dimensioni della vittoria e per il successo personale di Renzi l’ assemblea del Pd poteva essere una occasione per un confronto politico serio,approfondito, sul futuro del partito e del governo, sulle questioni aperte per quanto riguarda le riforme, quelle economiche e quelle istituzionali, sul dissenso manifestato da un gruppo di senatori che si sono autosospesi dopo la “epurazione” di Chiti e Mineo, caccciati dalla Commissione Affari Costituzionali. Niente di tutto questo. In poche ore, Renzi ne ha occupata una, tutto risolto. C’è il nuovo presidente votato a stragrande maggioranza proposto dal segretario. Chi aveva intenzione perlomeno di discutere la candidatura di Matteo Orfini, area “giovani turchi” ci rinuncia. Cuperlo aveva indicato Nicola Zingaretti sia a Renzi che al vicesegretario Guerini, confermato insieme alla Serracchiani nell’incarico. Niente da fare. Del resto i rapporti fra la maggioranza e una delle “aree” di minoranza si erano fatti sempre più, diciamo cordiali. Orfini aveva criticato le presa di posizione dei 14 senatori autosospesi. Appena eletto presidente della Assemblea, di fatto del partito anche se lo statuto non prevede questo ruolo, rivolto a Chiti, Mineo, gli altri senatori che vuole incontrare ha detto che lui stesso aveva rinunciato a molte posizioni, loro facciano altrettanto. Quasi la difesa della Costituzione sia merce divisibile. Renzi si è limitato a dire che nessuno vuole cacciare i dissidenti ma che loro si devono allineare. Dice Pippo Civati: “La questione di Mineo ha assunto toni scandalosi, la riforma del Senato è una questione delicata e va sottoposta all’attenzione di tutti e non discussa in un a riunione dai toni i molto prepotenti”. Lo stesso Mineo ricorda che nessuno di noi vuole difendere la casta, qui invece si vogliono blindare se non la maggioranza e poi trattare con Berlusconi e Calderoli.” Di superare il bicameralismo perfetto per chissà quale patto segreto è inaccettabile.” Un modo come un altro per dire che Mineo, Chiti e gli altri sono per mantenere il bicameralismo.
Fassina. Non ci aiuta ricorrere a rappresentazioni caricaturali
Stefano Fassina dal palco dell’assemblea nazionale difende i 14 senatori autosospesi dopo la sostituzione di Chiti e Mineo. “Non ci aiuta a superare le difficoltà e a fare del Pd lo strumento della ricostruzione morale del Paese ricorrere a rappresentazioni caricaturali quando rappresentiamo la discussione del Senato: chi ha proposto il bicameralismo perfetto? Nessuno. A me non pare che qualcuno lo abbia fatto”. Fassina aggiunge: “Evitiamo capri espiatori, partiamo dalla politica. E allora: quale maggioranza sostiene le riforme: è ancora vigente il patto del Nazareno? Io mi sono trovato a discutere con autorevolissimi esponenti di Forza Italia che dicono che sono d’accordo con la proposta Chiti. Io dico: un Senato eletto in forma indiretta e una Camera nominata definisce un combinato disposto che sta sotto un livello minimo di garanzie”. “Non siamo divisi tra ‘innovatori’, ‘coraggiosi’ e ‘palude’. Tutti – ha proseguito – siamo convinti che il cambiamento è necessario. Nella politica, la distinzione non è tra innovazione e conservazione. Il confronto ci serve e quando qualcuno fa proposte diverse dalla linea, non lo fa perché fa i capricci: evitiamo caricature”.
Un buon comizio senza entrare nel merito dei problemi aperti
Renzi nel lungo intervento, un buon comizio qualcuno lo ha definito. “Tutti per uno, uno per tutti”. Come nei tre moschettieri di Alexandre Dumas, questo il senso della relazione che ha evitato di entrare nel merito delle questioni più scottanti, dalla giustizia al lavoro. Ha detto che i corrotti devono essere puniti, che anche nel Pd chi conosce situazioni non proprio trasparenti deve denunciarle, che le riforme come quella della pubblica amministrazione sono un fiore all’occhiello, che chi le contrasta è un conservatore, che se non c’era il decreto Poletti non si sarebbe salvata l’Electrolux, davvero una sciocchezza che poteva evitare magari affrontando la questione Alitalia dove si profilano 2250 licenziamenti. Si è soffermato sulla Rai. Non ha trovato di meglio che attaccare i sindacati e lo sciopero pienamente riuscito dei lavoratori. Dice il segretario del Pd: “La discussione sulla Rai va aperte sul serio, deve diventare uno strumento culturale, uno straordinario strumento educativo, un vero servizio pubblico con una informazione libera altrimenti rimaniamo in pasto a un sindacato che vive in una dimensione parallela”. Verrebbe da dire, allora partiamo dal conflitto di interessi che riguarda non solo la Rai ma è il punto di partenza per una vera riforma. Non solo. Il servizio pubblico non deve fare concorrenza ai privati. Parole che il pregiudicato sicuramente apprezzerà .