L’Unione europea sceglie Juncker, tra critiche e dubbi

ROMA – La decisione è stata presa, scrive su Twitter Herman Van Rompuy: «il consiglio europeo propone Jean-Claude Juncker come prossimo presidente della Commissione Europea». Jean-Claude Juncker, 60 anni, occupa da un quarto di secolo posti di responsabilità e di governo, e viene considerato una delle migliori espressioni della democrazia cristiana europea: liberale in economia e progressista nelle questioni sociali. 

Figlio di un operaio siderurgico, venne nominato premier del Lussemburgo nel 1995: carica che ha mantenuto fino al 2013, quando uno scandalo legato ai servizi segreti lo ha costretto ad uscire di scena, non è chiaro con quanti rimpianti visto che la sua attività europea eclissava di gran lunga quella nel Granducato.

 La decisione del Consiglio europeo è stata approvata dopo un voto a maggioranza qualificata, con 26 paesi a favore contro due (Gran Bretgagna e Ungheria). Juncker è ora «presidente designato» della nuova Commissione. La sua nomina definitiva avverrà solo con l’«elezione» da parte del Parlamento europeo, il 16 luglio a Strasburgo. Juncker, che parte con l’appoggio dei due maggiori gruppi politici dell’Europarlamento, Ppe (221 seggi) e Socialisti (191), dovrà ottenere la maggioranza assoluta dei voti in plenaria, ovvero almeno 376 voti su 751 eurodeputati in totale. L’elezione, a scrutiono segreto, non è scontata, vista la possibilità che diversi «franchi tiratori» votino contro o si astengano, soprattutto nelle file socialiste; ma l’accordo raggiunto ieri da Ppe e Socialisti con i Liberali (il quarto gruppo per importanza, con 67 seggi, dopo i Conservatori che voteranno sicuramente contro) dovrebbe garantire una confortevole maggioranza all’ex premier lussemburghese.

Matteo Renzi, lo voto solo per accordo

«Ho votato a nome dell’Italia per Jean Claude Juncker perchè c’era un documento: non l’avrei fatto senza un documento, senza un accordo politico». Così Matteo Renzi, in conferenza stampa a Bruxelles.

Il disappunto delle sinistre radicali

 «Le conclusioni del Consiglio Europeo sono deludenti. La nomina di Juncker va nella direzione del rispetto della volontà popolare ma le politiche messe in campo sono purtroppo in continuità con gli anni recenti». Lo afferma il responsabile nazionale Esteri di Sel Arturo Scotto commentando la nomina di Jean Claude Juncker a Presidente della Commissione Ue.  «L’austerità non è stata battuta e la Merkel continua a dettare l’agenda. La frase ‘il buon uso della flessibilità nel patto di stabilita», inserita nel documento finale del vertice europeo, appare soltanto una cura omeopatica e non una politica orientata alla crescita. In questo senso, nessun passo in avanti nemmeno per l’Italia. Il semestre di Renzi appare nei fatti in salita«, conclude Arturo Scotto.  «La scelta di Juncker quale presidente della Commissione europea rappresenta un drammatico segnale di continuità nelle politiche neoliberiste, vero denominatore comune unificante tra popolari e socialisti. Juncker impersona più di chiunque altro le politiche di austerità, quelle politiche che oggi Renzi maschera dietro la flessibilità, parolina magica che significa accettare obiettivi sbagliati discutendo solo sul modo in cui si realizzano». Lo ha affermato in una dichiarazione il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero.

«La scelta di governare l’Europa con la grande coalizione – ha proseguito- è una scelta strategica, che risponde agli interessi e ai voleri dei potentati europei e che ha nel Ttip, il Transatlantic Trade and Investment Partnership – le cui trattative sono completamente segrete – il vero obiettivo di legislatura».

Inghilterra e Ungheria contrari

 Fonti  britanniche hanno confermato ufficialmente che David Cameron  e il premier ungherese Victor Orban hanno votato contro la  nomina di Jean Claude Juncker alla presidenza della  Commissione europea. Nello specifico per Juncker ci sono  stati 311 voti pari all’88,36%, contro 41 voti pari  all’11,64%.

Cameron ha aggiunto: «Questo è un brutto giorno per l’Europa, rischia di minare la posizione dei governi nazionali. Il titolare di Downing Street ha ribadito che intende ancora convocare un referendum sulla permanenza della Gran Bretagna in un’Ue riformata e sostenere il sì, ma ha sottolineato che ora il suo compito diventa più difficile. «In un’Europa che chiede riforme, abbiamo scelto uno che ha fatto carriera a Bruxelles come presidente della Commissione», ha osservato.

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