Siria. Dove sono le due cooperanti italiane? Si teme per la loro sorte

ROMA – C’è molta preoccupazione per la sorte di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo le due cooperanti italiane, rispettivamente di 20 e 21 anni. La comunità internazionale si coalizza contro lo Stato islamico, Isis in special modo, anche dopo la diffusione delle immagini del giornalista Jamse Foley decapitato.

Stando a quanto riportato dal britannico The Guardian le due donne italiane, una danese e una giapponese catturate alla periferia di Aleppo di recente, sono nelle mani dell’Is. Dopo il rapimento le donne – spiega sempre il quotidiano inglese – sono state trasferite a Raqqa, roccaforte dell’Is nel nord della Siria, ma non è detto che il loro destino debba essere quello di Foley. L’impegno della Farnesina per una soluzione positiva della vicenda è massimo. 

Le famiglie delle due ragazze di cui non si hanno più notizie da luglio sono in stretto contatto con l’Unità di Crisi e, dunque, costantemente aggiornate.  Intanto dagli Usa si è venuto a sapere che i miliziani del Califfato avevano chiesto tramite una mail ai genitori di Foley un riscatto da 100 milioni di euro, che l’amministrazione americana si è rifiutata di pagare. Gli americani avevano tentato di liberare all’inizio dell’estate Foley e altri ostaggi che si trovavano con il reporter, secondo il Washington Post, che dà notizia così del primo intervento di terra americano in Siria, dove decine di soldati scoprirono il covo in cui gli ostaggi erano tenuti. Questi ultimi, però, «non erano presenti in quel luogo», ha reso noto il Pentagono con una dichiarazione che non cita esplicitamente Foley ma conferma il tentato blitz.

L’operazione, ha aggiunto il Pentagono, «fu autorizzata all’inizio di questa estate» e vide anche il ferimento di un soldato a stelle e strisce nel corso di un violentissimo combattimento con elementi dello Stato islamico, che oltre a Foley ha in mano anche Steven Sotloff, un altro reporter che compare nel raccapricciante video della decapitazione di Foley. Obama, ha spiegato Lisa Monaco, «assistente del presidente americano per il controterrorismo e la sicurezza nazionale, »autorizzò l’operazione quando venne accertato che gli ostaggi, passati nelle mani dello Stato islamico, erano in pericolo. Il governo ha ritenuto che vi fossero sufficienti elementi di intelligence e che, qualora se ne presentasse l’opportunità, bisognava coglierla per recuperarli«. Caccia americani sono tornati a bombardare le postazioni

dell’Is, nel nord dell’Iraq, nei pressi della diga di Mosul, mentre l’Iran, il cui intervento in Iraq è stato invocato da più parti, ha condizionato il suo impegno contro lo Stato Islamico solo se l’Occidente »revocherà tutte le sanzioni« adottate »per il (suo) programma nucleare«. Lo ha chiarito il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif: »Se accetteremo di fare qualcosa in Iraq, l’altra parte nei negoziati («5+1», ndr) dovrebbe fare a sua volta qualcosa in cambio. Tute le sanzioni legate al programma nucleare iraniano dovrebbero essere revocate«, ha detto il capo della diplomazia iraniana.

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