Decreto sviluppo. Tremonti continua a correre in aiuto di imprenditori e miliardari

L’Unione europea boccia le norme a favore delle imprese balneari. “Se i rapporti letti sulla stampa sono corretti, saremmo molto sorpresi perchè non sarebbe ciò che ci aspettavamo” ha dichiarato Chantal Hughes, portavoce del Commissario al mercato interno, che ha poi aggiunto: “Ciò che ci inquieta è che alla fine dei primi sei anni di concessione, ci sia il rinnovo automatico di questo diritto, che è in contrasto con le regole della concorrenza leale e del mercato unico», ha affermato la portavoce, rilevando che l’Unione Europea chiede per le concessioni «un tempo appropriato e limitato”

ROMA – Negli anni Ottanta del secolo scorso, in America prese piede la “Reaganomics”, una miscela esplosiva di teorie ispirate da Milton Friedman e Gustav Laffer, secondo cui l’unico modo per creare sviluppo era incentivare l’offerta (per questo lo strumento principale utilizzato fu la “supply side economics”, cioè l’economia dell’offerta) e controllare rigidamente la massa monetaria per tenere a bada i prezzi (cioè l’inflazione). Reagan e il suo staff di consiglieri economici presero a modello la “curva di Laffer” secondo cui una diminuzione progressiva della pressione fiscale (raggiungibile grazie a imposte proporzionali) aumentava il gettito piuttosto che diminuirlo.

Il risultato, a distanza di dieci anni, fu disastroso. Reagan creò il più grande deficit statale della storia americana, anche perché finanziò l’industria militare, pur controllando l’inflazione e stimolando l’occupazione (ma con bassi salari e un aumento forsennato della flessibilità del lavoro in entrata e in uscita). Non solo, ma questa dissennata politica economica allargò a dismisura il divario fra ricchi e poveri. La cosiddetta “curva di Lorenz”, che misura, tramite l’indice Gini, la concentrazione del reddito, mostrò, alla fine degli anni Ottanta, una preoccupante flessione verso destra, ad indicare la più accentuata concentrazione dei redditi a favore di una piccola percentuale di miliardari.

LA TREMONOMICS. In Italia, il ministro dell’economia Giulio Tremonti sarà probabilmente ricordato come il più fedele seguace della politica economica di Ronald Reagan. E il cosiddetto “decreto sviluppo” partorito ieri dalla sua fervida mente lo dimostra. Uno dei principali provvedimenti presi, infatti, è l’ennesimo aiuto agli imprenditori, perché mette a loro disposizione lidi e spiagge italiane (vale a dire una delle principali risorse economiche del Paese, insieme al patrimonio artistico e culturale). Per farlo, il fine giurista di via XX settembre ha tirato fuori dal suo cilindro la sostituzione della “concessione” in “diritto di superficie”. Mentre la prima è un’autorizzazione all’uso di un bene pubblico o demaniale che lo Stato “concede” al privato senza alcun trasferimento di diritti reali (cioè di diritti che appartengono alla sfera della proprietà), con la seconda, che è un contratto di diritto privato, si assegna ai soggetti che ci mettono i soldi un “diritto reale minore”, cioè la possibilità di sfruttare la “superficie” di lidi e spiagge con costruzioni di cui si diventa “proprietari” per 90 anni, ovviamente pagando un corrispettivo. La differenza è notevole e riproduce quella del “decreto Ronchi” sull’acqua (che gli elettori potranno abrogare con il referendum del 12-13 giugno). Anche quel provvedimento, infatti, consente ai privati una sorta di “diritto di superficie”, questa volta sulle condutture idriche. Dire che spiagge e lidi non saranno privatizzati soltanto perché la loro mera proprietà rimane allo Stato è una delle tante furfanterie concettuali che l’attuale maggioranza continua a propinare ad una inconsapevole platea di cittadini non informati. Il “superficiario”, cioè l’imprenditore balneare, potrà ampliare o edificare manufatti sulla sabbia, di cui rimarrà proprietario e che quindi potrà vendere, creando un mercato liberalizzato non più delle concessioni ma delle proprietà immobiliari sul demanio pubblico.

IL SUPPOSTO “SHOCK” ALL’ECONOMIA. Provvedimenti del genere dovrebbero, secondo Tremonti, dare quella spinta all’economia dal lato dell’offerta, anche attraverso “incentivi” che in questo caso, almeno fino ad ora, sono consistiti in canoni di affitto irrisori. Basti pensare che il giro di affari dell’industria balneare in Italia è di 2 miliardi di euro, mentre le entrate per lo Stato derivanti dai canoni pagati dai gestori non superano i 100 milioni annuali. Si tratta, come appare evidente, di uno “shock” ma soltanto per gli affari di una categoria imprenditoriale, peraltro a forte rischio di evasione fiscale, soprattutto dopo che lo stesso ministro dell’economia ha deciso di provvedere ad una circolare, che sarà emanata dall’Agenzia delle entrate, in cui si annuncia un allargamento delle maglie nelle ispezioni e nei controlli della Guardia di finanza.

LAVORATORI DIPENDENTI AL PALO. In nessun provvedimento emanato da questa maggioranza c’è mai stato un incentivo o uno sgravio per la più numerosa platea di soggetti, cioè i lavoratori dipendenti e autonomi, soprattutto quelli artigiani. Eppure essi sono lo strumento più efficace di una politica anticiclica ma per la “Tremonomics” è probabilmente una scelta troppo “comunista”. Non sia mai che operai, impiegati e pensionati possano avere qualche spicciolo in più nelle loro tasche. Il solo pensarlo ripugna alla inclita dottrina tremontiana, pronta sempre a scendere in soccorso dei potenti e degli evasori, il vero “motore” dell’economia italiana.

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