Immigrazione in Italia. Identikit sull’appartenenza religiosa

ROMA – Presso il Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, si è svolto un convegno nell’ambito del quale sono stati presentati i risultati degli studi, condotti dal Dossier Statistico Immigrazione nel 2015, riguardanti l’appartenenza religiosa degli immigrati in Italia. Con una particolare attenzione nei confronti della comunità islamica presente nel nostro Paese. 

Si tratta di dati estremamente importanti. Poiché rivelano in maniera capillare l’identità religiosa di coloro che sono giunti in Italia di recente e di coloro che sono residenti nel territorio italiano oramai da anni. Come riportato all’interno dello studio, la stima dell’appartenenza religiosa degli immigrati è imperniata su una metodologia oramai collaudata, in quanto è stata perfezionata fin dal 1991 nel corso di varie analisi statistiche. 

Tale procedura consiste nel ritenere che “le appartenenze religiose riscontrate nei paesi d’origine, desumibili dal confronto di pubblicazioni specializzate al riguardo (dati numerici), possa essere applicata anche alle rispettive comunità emigrate all’estero, talora apportando dei coefficienti correttivi determinati dalla rilevanza dei cosiddetti “push factors” ( si pensi, ad esempio, alla spinta dell’immigrazione dei cristiani nigeriani o indiani)”. 

Mediante questo processo si ricava un quadro piuttosto vicino alla realtà. Tuttavia, l’osservazione di queste analisi deve essere ponderata con il necessario presupposto, per cui il concetto di “appartenenza religiosa” si intende esclusivamente come il legame con un determinato contesto culturale-religioso (senza alcuna possibilità di conoscere le personali e reali posizioni di fede dei singoli, la loro predisposizione alla pratica religiosa, e neppure le eventuali conversioni nel frattempo intervenute).

Alcuni dati riportati nel Dossier Immigrazione 2015

“Secondo i risultati di questa stima, che fa riferimento all’intera popolazione straniera regolarmente residente in Italia alla fine del 2015 (5.014.000 persone)i Cristiani sono quasi 2 milioni e 700mila, i Musulmani più di 1 milione e 600mila, i fedeli di religioni orientali (induisti, buddhisti, sikh e altri) più di 330mila, gli Ebrei circa 7.000, quelli provenienti  da aree in cui sono diffuse le religioni tradizionali/locali 55mila, gli appartenenti ad altri gruppi religiosi più difficilmente classificabili 84mila, mentre ammontano a 221mila gli atei e gli agnostici. 

Tale compendio numerico fa ritenere infondata la paventata “invasione religiosa”, considerato che gli immigrati sono per lo più Cristiani. In alcune regioni (Lazio, Molise, Basilicata e Calabria) i Cristiani superano l’incidenza del 60%, mentre i Musulmani sfiorano il rapporto del 40% in Emilia Romagna e nel Trentino Alto Adige; i fedeli di religioni orientali sono pari al 7,5% nel Veneto e gli Evangelici ed altri cristiani raggiungono il 6% nel Lazio. È del 7,4% l’incidenza più elevata degli atei e degli agnostici (per lo più provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est e della Cina).

Scenari europei e mondiali tra il 2014 ed il 2050

Attraverso la pratica della stessa metodologia adottata per l’Italia, vengono qui presentati i risultati della stima riferita alla popolazione dell’Unione Europea (508 milioni) e alla popolazione mondiale (7 miliardi e 266 milioni) nel 2014: • Ue: Cristiani 76,8% (cattolici 49,9%, evangelici e altri cristiani 19,7%, ortodossi 7,2%), Musulmani 2,9%, Ebrei 0,2%, religioni orientali 0,2%, altri gruppi 5,4%, atei e agnostici 14,5%; • Mondo: Cristiani 29,6% (cattolici 17,1%, evangelici e altri cristiani 9,9%, ortodossi 2,6%), musulmani 23,1%, ebrei 0,2%, religioni orientali 26,2% (induisti 15,2%, buddhisti 5,1%, altre religioni orientali 5,9%), religioni tradizionali 2,6%, altri gruppi 3,5%, atei e agnostici 14,8%. I dati qui riportati a metà secolo conosceranno sensibili modifiche secondo lo studio The Future of World Religions: Population Growth Projections, 2010-2050, presentato nel mese di aprile 2015 dal Pew Research Center (Prc) degli USA.

 Queste proiezioni si basano su diversi fattori: struttura della popolazione, speranza di vita, tassi di fertilità e mortalità, flussi migratori e tendenza al mutamento della propria identità religiosa (per abbracciarne un’altra o non seguirne più alcuna). Secondo il Prc nel 2050, presupposto che la popolazione mondiale raggiunga la cifra di 9,3 miliardi (+35%, circa 2 miliardi in più), anche i Cristiani aumenterebbero del 35% (da 2,1 a 2,9 miliardi) e inciderebbero per il 31% sulla popolazione mondiale. Un aumento simile (+34%) è stato ipotizzato per gli induisti (da 1 miliardo a 1,4 miliardi). Invece i Musulmani, grazie ad un più consistente tasso d’aumento (+73%), passerebbero da 1,6 a 2,7 miliardi. Dovrebbero aumentare anche gli altri gruppi religiosi, ad esempio gli Ebrei (da 14 milioni a 16 milioni), ad eccezione dei buddhisti, per i quali è prevista una situazione di stabilità. Si crede, invece, che possano diminuire gli atei e gli agnostici (dal 16% al 13%). 

Tali previsioni, come per l’Italia, escluderebbero l’Unione Europea dalla possibilità che vi sia una islamizzazione dall’interno, poiché nel Vecchio continente la popolazione musulmana non dovrebbe incidere oltre il 10%. Viene data, invece, per scontata la minore presenza Cristiana in Europa: solo per il 16%, con una perdita di 10 punti percentuali, e la sua incidenza dovrebbe essere superata da quella dell’Africa, che passerebbe dal 19% al 29%, dall’America Latina, 22% con la perdita di due punti percentuali, e anche dall’Asia, in aumento dal 17% al 20%. 

Premesso che, da qui al 2050, i fattori sui quali è basata la stima del Prc sono soggetti a modifiche, non si possono non sottolineare alcuni aspetti meritevoli di attenzione; quali: il superamento dell’occidentalizzazione del cristianesimo nelle sue confessioni cattolica ed evangelica; il maggior tasso di crescita dell’Islam e l’interrogativo se questo possa avvenire secondo una forma dialogante in antitesi a quella proposta dalle minoranze estremiste; la riduzione a livello mondiale del numero degli atei e degli agnostici, (che potrebbero diventare il gruppo prevalente in paesi tradizionalmente cristiani come la Francia e l’Olanda); la necessità per le religioni maggioritarie, e anche per le minoranze, di ispirarsi a criteri di apertura e collaborazione per riuscire a testimoniare nella società l’importanza della dimensione religiosa (da intendere più come acquisizione interiore che come ritualità). Infine, l’impegno per i decisori pubblici di accompagnare in maniera adeguata questa evoluzione, superando i ritardi legislativi e amministrativi, scarsamente rispettosi della libertà religiosa, e incentivando il rispetto del pluralismo di fede anche tra le rispettive popolazioni”.

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