Tremonti e Prestigiacomo ai ferri corti mentre Maroni caccia via anche i comunitari

La bionda ministra dell’ambiente ha protestato per il miliardo sparito dalle sue casse. Il Governo liberalizza il wi-fi ma introduce una discutibile norma sui cittadini europei

ROMA – Consiglio dei ministri di fine impero. Tremonti continua a richiedere tagli – è il nucleo della sua poco fantasiosa politica economica – e la Prestigiacomo non ci sta. Inizia un acceso confronto. La ministra per l’ambiente chiede spiegazioni sul mancato conferimento al suo dicastero di un miliardo da destinare alla difesa del suolo. La spesa era già stata approvata dal Cipe e quindi la focosa ministra chiedeva una spiegazione davanti al Consiglio dei ministri. Tremonti le ha detto: “Te lo spiego dopo, fuori da qui”. La ministra gli ha risposto: “Non siamo mica degli scolaretti, né siamo stupidi, se hai qualcosa da dire la dici qui, davanti a tutti”. Allora il più formidabile potatore di finanza statale ha cercato di spiegare perché quei soldi non sono ancora disponibili e lei: “Non dire cretinate”. Il formidabile potatore tutto può sopportare ma non che qualcuno metta in dubbio le sue genialate. Chiede le scuse della Prestigiacomo e minaccia le dimissioni, Berlusconi sospende la riunione e cerca di mettere a posto le cose ispirandosi al famoso “ghe pensi mi”. Intanto arriva la telefonata di quello scocciatore di primo ministro coreano e il Consiglio viene sospeso per una mezzoretta. Poi, arrivano le scuse della bionda e bella ministra, forse dette a denti stretti ma tanto è sufficiente perché il terribile ministro economico esclami: “Oggi mi sono arrivate le scuse anche da Prestigiacomo. Mi sono commosso”. Il teatrino berlusconiano volge al termine ma alla ministra rimangono tutte intere le perplessità espresse.

Ora il Governo vuole espellere anche i cittadini comunitari

Lo scontro odierno fra la Prestigiacomo e Tremonti è soltanto l’ultimo di una lunga serie. Come già avvenne nel 2004, quando Tremonti si dimise dal dicastero per poi tornarvi dopo un anno, nella più classica pièce del teatrino arcoriano, il tagliatore della finanza pubblica è mal sopportato da quasi tutti gli altri ministri per un uso, diciamo così, inconsulto dell’accetta con cui pota rami e tronchi nel bosco della spesa pubblica. Ma spesso accade, come nel caso odierno, che i tagli avvengano anche su spese oramai deliberate e approvate dal Cipe (Comitato interministeriale per la politica economica), o per riforme annunciate nella ingloriosa spendita gelminiana di una rivoluzione dell’Università che, proprio grazie al tagliatore, ben difficilmente potrà avvenire. La vicenda mostra, se mai ce ne fosse bisogno, le divisioni che oramai attanagliano le forze di governo e perfino quelle del Pdl, che si vorrebbe rigenerato da una “spinta in avanti” che stenta a realizzarsi. E intanto i leghisti cercano di rafforzare il clangore di misure – come quella approvata oggi e che ha al suo centro l’espulsione anche dei cittadini comunitari senza reddito – in grado di dimostrare la tenuta dell’Esecutivo. Proprio su questa misura i deputati europei vendoliani Roberto Musacchio e Pasqualina Napoletano sottolineano come  “Il diritto di mobilità e soggiorno è un pilastro della cittadinanza europea. Esso è sancito dai trattati e ribadito dalla direttiva 38 del 2004. Come più volte richiamato anche da risoluzioni approvate dal Parlamento Europeo nessun cittadino comunitario può essere espulso da un Paese della Ue per ragioni di reddito perchè altrimenti saremmo in presenza di una sorta di cittadinanza per censo”. Il ministro Maroni ha spiegato la decisione sottolineando che ci si è ispirati ad una norma ben precisa in base alla quale “se un cittadino dell’Unione europea vuole risiedere stabilmente in un paese oltre i 90 giorni deve rispondere a determinati requisiti e cioè avere un lavoro, un reddito e un’idonea abitazione. La violazione non è oggi sanzionata e dunque noi introduciamo una sanzione che è l’invito ad allontanarsi”.

L’impasse permanente

Insomma, l’Esecutivo berlusconiano ha un mortale bisogno di dare una riverniciatina alla sua immagine. E così accoglie le pressanti richieste che vengono dal mondo del web e, dal 1° gennaio, abolisce quella norma del decreto Pisanu che obbligava i gestori di locali dotati di connessione senza fili a richiedere la fotocopia del documento di riconoscimento dei clienti. Ma intanto il premier rinuncia ad aprire il Forum sulla famiglia di lunedì (quale persona meno adatta a farlo?) e passa la palla al suo ministro addetto Giovanardi. Un altro pesante smacco, per giunta non opera di comunisti, che fa emergere il continuo logoramento dell’uomo prima che del politico.

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