Comunali. Il M5S conquista Roma e Torino. KO del PD

ROMA – I pronostici erano azzeccati e il Movimento 5 stelle ha conquistato Roma e Torino, vincendo in 19 dei 20 comuni in cui si è presentato per le elezioni amministrative.

I ballottaggi consegnano un risultato ‘storico’ per M5s, che ora punta al governo del Paese: “è solo l’inizio, ora tocca a noi”, dice Beppe Grillo. Virginia Raggi e Chiara Appendino, rispettivamente con il 67,2 e il 54,5% delle preferenze, guideranno dunque la Capitale e il capoluogo piemontese dopo aver messo ko il Pd. “E’ un momento storico, ora parte una nuova era”, ha detto la prima sindaco donna di Roma. “E’ giunto il nostro tempo, dobbiamo ricucire una città profondamente ferita”, le parole della neo prima cittadina di Torino. A Napoli e Bologna gli elettori riconfermano Luigi De Magistris e il pd Virgilio Merola. A salvare i democratici è però soprattutto la vittoria del candidato renziano Beppe Sala, che dopo un iniziale testa a testa chiude in vantaggio col 51,7% contro il 48,3 di Stefano Parisi. Il centrodestra perde in molte città, con l’eccezione di Trieste dove Roberto Dipiazza scalza il pd Roberto Cosolini. Torna sulla scena Clemente Mastella, che a Benevento batte il candidato del centrosinistra Raffaele Del Vecchio. Il Pd ammette la sconfitta “senza attenuanti” a Roma e a Torino e la “durezza” della perdita a Novara e a Trieste. Anticipata a venerdì 24 la Direzione nazionale, prevista inizialmente per il 27. “Gli italiani non credono più a Renzi”, commenta il leader leghista Matteo Salvini.  

 “Stiamo scrivendo la storia”, è stato il primo commento della Raggi prima donna sindaco della capitale. “Da oggi e per i prossimi cinque anni e’ responsabilita’ di tutti. E’ stato un risultato oltre ogni aspettativa. Sara’ dura, sappiamo come e’ Roma, ma abbiamo un programma pazzesco, lo abbiamo scritto con i cittadini”.  

“Abbiamo stravinto le amministrative” aggiunge Alessandro Di Battista. “Da domani si lavora per l’interesse dei cittadini. Questa città appartiene ai romani e solo ai romani”.  “La risposta della piazza sono stati i cori ‘Tutti a casa’, ‘Onestà”.

12 Municipi su 14 al Movìimento 4 Stelle

L’onda grillina travolge anche i Municipi romani, dove si impone in 12 Municipi su 14.  Sconfitto anche l’unico competitor targato Fratelli d’Italia che era riuscito a strappare il ballottaggio nel municipio di Tor Bella Monaca. M5S, sfruttando il vento favorevole della Raggi, si è imposto in 12 dei 14 municipi romani. In uno solo non si votava, Ostia, sciolto per mafia e commissariato. I candidati Pd hanno vinto solo nel primo e nel secondo municipio, centro storico e Parioli, quartieri della borghesia e della Roma bene: qui i dem si impongono, quasi alla fine dello scrutinio, con uno scarto esiguo ma sufficiente tra il 51 e il 52 per cento. Al solito Tor Bella Monaca riserva l’exploit pentastellato: il VI municipio, vede la vittoria di Roberto Romanella (M5S) col 73% dei voti contro il 27% di Nicola Franco di Fdi-Lega. Il resto dei municipi vede percentuali senza storia tutti a favore M5S: dall’Eur, IX municipio, con l’uscente e sconfitto Pd Andrea Santoro al 35% con il vincitore Dario D’Innocenti al 65%, al VII (Tuscolano) con Valeria Vitrotti del Pd al 35% e Monica Lozzi al 65%. Dei nuovi 12 minisindaci pentastellati cinque sono donne, anche questa una novità che ricalca il debutto al femminile sullo scranno più alto del Campidoglio. 

PD lacerato

Imntanto nel quartier generale del Pd uscito sconfitto il clima è teso. Il primo sentore è quello di un fallimento totale, causato soprattutto dalle politiche di Matteo Renzi a cui probabilmente i cittadini non credono più. Matteo Orfini, commissario post Mafia Capitale di un Pd romano lacerato, per ora tace. Come gran parte dello stato maggiore del partito romano e degli spin doctor, tutti renziani, della campagna elettorale di Giachetti. Anzi il candidato dem, che non dimentica il suo essere radicale, è l’unico a parlare subito e a prendersi le responsabilità: “la sconfitta mi appartiene”. Ma sono in pochi a credere che queste quattro parole potranno acquietare la base già dilaniata. Il primo ad alzare la voce è stato Roberto Morassut. Il parlamentare dem, principale sfidante di Giachetti alle primarie del centrosinistra per Roma, non ha usato mezzi termini nel chiedere “un nuovo Pd: si sciolgano le consorterie correntizie che soffocano la partecipazione e ostacolano l’ingresso di nuove forze. Sono un tappo mortale. Si riparta dalla politica e da un pluralismo di idee. In primo luogo a Roma. Ora più nessun alibi”. Morassut è stato protagonista di quel Pd che era esempio di buon amministrazione, il modello Roma di Veltroni e Rutelli. Azzerato in poco meno di otto anni con la disfatta di stasera. Anche nel vuoto del comitato Giachetti, questa sera, qualche militante puntava il dito: “Il PD Roma dovrà aprire una ampia discussione ripartendo dalle periferie. Non è stato un voto contro Giachetti”. Altra voce critica quella di Stefano Pedica, il terzo dem in corsa alle primarie all’ombra del Colosseo: “Roberto ha dovuto lottare contro il disgusto dei cittadini che, dopo il terremoto di ‘Mafia Capitale’, di certo non si aspettavano tra l’altro di vedere alcuni personaggi impegnati ancora a fare campagna elettorale – l’affondo -. Serve un congresso romano entro l’anno e bisogna allontanare dal partito chi si faceva fotografare a cena con i Buzzi di turno. Allo stesso tempo, bisogna far capire ad alcune persone che non basta solo presentarsi come renziani o turbo renziani della prima, seconda o terza ora per avere posizioni di potere, bisogna sentirsi del Pd e del centrosinistra”. La divisione del centrosinistra, che a queste elezioni ha corso diviso (Sinistra Italiana da un lato con Stefano Fassina e Pd dall’altro con Giachetti) è stata tra le cause del crollo dei consensi. Ma non la sola. Sulla debacle del Partito Democratico romano, che solo 2 anni fa alle europee raggiungeva in città il 43%, hanno pesato diversi fattori: dallo scandalo Mafia Capitale alla gestione controversa del caso Marino – l’ex sindaco dem ‘defenestrato’ dal suo stesso partito – fino al lungo periodo di commissariamento che ha ridotto gli spazi di dibattito interno tanto cari ai militanti dem. E ancora: la relazione Barca che ha mappato i circoli romani ‘dividendoli’ tra buoni e cattivi, suscitò non pochi malumori interni. All’indomani del primo turno, il commissario romano Matteo Orfini aveva chiarito: “La mia esperienza di commissario è chiusa per statuto e non per scelta. Entro ottobre va convocato il congresso e penso che dopo le elezioni lo faremo”. Ottobre per molti sembra ormai troppo lontano.

 

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