Manovra Tremonti. Ancora una scure sugli statali e sulle scuole

ROMA – Niente abolizione, nemmeno graduale, delle province, che assorbono 17 miliardi all’anno; gli stipendi della “casta” diminuiti chissà quando, nessun inasprimento delle imposte ai ricchi. In compenso, Tremonti cala il suo asso nella manica per diminuire la spese statali, con un provvedimento imprevedibile: l’accorpamento dei plessi scolastici e la diminuzione degli insegnanti di sostegno, il blocco del turn-over nel pubblico impiego (l’ennesimo) e il congelamento degli stipendi fino a tutto il 2014 (era già stato bloccato fino al 2013).

COLPITA ANCORA LA SCUOLA. Non era evidentemente bastata la scure di 8,5 miliardi introdotta nel 2008 e fatta passare come “risparmi di spesa improduttiva” i forsennati tagli al comparto dell’istruzione pubblica. Ancora una volta, di fronte alle difficoltà che il superministro incontra nel risanamento dei conti pubblici, se la prende con la scuola e con i dipendenti pubblici. La prossima decisione sarà forse quella di chiudere definitivamente le scuole e abbandonare al loro destino insegnanti e alunni italiani. Uno dei provvedimenti presenti nella bozza di manovra fiscale e che, come sempre, ha destato uno scarsissimo interesse nei media, è quello che prevede una riduzione degli insegnanti di sostegno. Sotto il titolo sibillino ma, nel più puro stile tremontiano, assai ambiguo di “razionalizzazione della spesa relativa all’organizzazione scolastica”, si prevede che i docenti di sostegno non potranno essere in numero superiore ad uno ogni due alunni disabili e comunque non più di uno per studente. Non solo, ma scuole materne, primarie e secondarie di primo grado dovranno essere accorpate in un istituto comprensivo (peraltro già presenti in numero sostanzioso da anni). Le scuole non potranno avere meno di 500 alunni, altrimenti saranno accorpate con altri istituti (anche questa “soluzione” non è una novità). Lo scopo di questi provvedimenti può sfuggire ai più, ma consiste essenzialmente nel risparmio che si determinerà sul numero dei dirigenti scolastici. Meno scuole ci sono, anche se più grandi, e di meno presidi con i loro stipendi c’è bisogno.

ISTITUTI ALLO SBANDO. La previsione di risparmi sulla scuola si abbatte su una realtà oramai già in via di disfacimento dopo la cosiddetta “riforma Gelmini”. Sono decine di migliaia le scuole italiane che non hanno più un preside titolare ma un semplice “reggente”, con titolarità altrove, che una volta a settimana si reca nell’istituto assegnatogli per chiedere: “Come va? Tutto bene? Funziona il microfono?”. Chi non lavora nella scuola potrà comprendere cosa significhi l’assenza di un responsabile amministrativo e di un manager (come lo hanno voluto pomposamente definire) in grado di far funzionare la complessa macchina di istituti con oltre mille alunni e trecento addetti fra insegnanti e personale amministrativo. Il provvedimento emanato ora non potrà che incrementare lo stato di disagio di questi istituti. Se si pensa che, nel 2008 è stato bandito un concorso per dirigenti scolastici e che la ministra Gelmini, soltanto l’anno scorso, aveva promesso che le prove di preselezione si sarebbero svolte entro il 2010, mentre ancora non è stata comunicata alcuna data di svolgimento, si può comprendere la reale volontà di questo governo di manomettere l’organizzazione e la funzionalità dell’istruzione pubblica italiana.

UFFICI STATALI SGUARNITI. Il blocco del turn-over, cioè la mancata sostituzione del personale che viene collocato a riposo, incide ancora più negativamente su queste realtà. Moltissimi uffici periferici dell’amministrazione statale, comprese molte scuole, sono oggi sottodimensionati per numero di personale presente, tanto da non essere più in grado di assicurare gli standard minimi del servizio. Tutto ciò a fronte del permanere di incredibili privilegi di reddito e di funzioni per la casta politica e di sperequazioni nell’imposizione fiscale a vantaggio di chi svolge un’attività (professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori) che consente di evadere le tasse o di pagarne comunque di meno grazie ai meccanismi di elusione. Queste persone continuano a non essere toccate dalle manovre di Tremonti, che preferisce colpire sempre scuola, sanità e dipendenti pubblici, settori dai quali ricava pochi voti elettorali.

Forse è arrivato il momento di ribellarsi ma in modo serio.

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