La figuraccia di Berlusconi. Ritira la norma salva-risarcimenti. Se questo è un premier

ROMA – La sua dote accertata è avere una faccia dura come il granito. Nonostante le ripetute figuracce, il tentativo di inserire come un ladro, di nascosto da tutti, una norma scritta espressamente per lui, per evitare di pagare un giusto risarcimento a Carlo De Benedetti per l’illegittimo trasferimento della Mondadori, è miseramente fallito dopo le levata di scudi dell’opposizione, del Quirinale e perfino del suo superministro Giulio Tremonti. Ieri, Silvio Berlusconi ha annunciato la sua decisione di ritirare quella norma, appiccicata in tutta fretta nel decreto della manovra finanziaria prima di sottoporla al vaglio del Colle.

SE QUESTO E’ UN PREMIER. Una vicenda indecorosa e vergognosa, senza precedenti nella storia italiana. Il testo del decreto economico era stato “bloccato” da Palazzo Chigi, dove uno staff di “giuristi” prezzolati, di cui non si sa ancora nulla, era intervenuto introducendo una modifica di due norme del codice di procedura civile che rendeva obbligatoria la sospensione della immediata efficacia di una sentenza del giudice civile per cause di risarcimento del valore di 10 milioni (in primo grado) e di 20 (in appello) fino alla sentenza definitiva della Cassazione. Un disegno legislativo fatto apposta per impedire il risarcimento immediato cui Berlusconi deve provvedere se sabato prossimo il giudice dell’appello confermerà la condanna già inflitta al premier in primo grado (si ricordi che la vicenda corruttiva è stata già accertata in sede penale, con la condanna di Cesare Previti e del giudice Metta che incassò 400 milioni di lire dopo aver dato ragione alla Fininvest sul lodo Mondadori).

TREMONTI: “NON SONO ALFANO”. I retroscenisti raccontano di un Giulio Tremonti letteralmente furioso, perché nessuno lo aveva avvertito di questo blitz alla “sua manovra economica”. Avrebbe telefonato al premier e gli avrebbe gridato nella cornetta: “Guarda, Silvio, che io non sono Angelino Alfano, non puoi permetterti di manomettere i miei provvedimenti per i tuoi esclusivi bisogni”. Nello stesso tempo, anche la Lega prendeva molto male la decisione del premier, non commentandola ma esprimendo un silenzio gelato, assai più significativo di qualsiasi parola. Tanto è vero che oggi, “La Padania”, organo di via Bellerio, in prima pagina pubblica la riproduzione di una copertina dei gialli Mondadori con il titolo “Il lodo”. Un vero e proprio sberleffo al capo della coalizione.

BERLUSCONI IMPAZZITO. “Il premier è oramai fuori dalla realtà e vive in un mondo suo, dove contano soltanto i suoi interessi” è il commento che fornisce alla vicenda il vice-segretario del Partito democratico Enrico Letta. Mentre la manovra economica va a colpire pensionati e lavoratori pubblici da 1.400 euro al mese, oltre ai risparmiatori che hanno ventimila euro in Bot e non tocca le grandi ricchezze, Silvio Berlusconi, da sempre disinteressato a tutto fuorché alla sua “roba”, approfittava, come spesso ha fatto in questi anni, di un decreto legge (che entra in vigore immediatamente) per costruirsi uno scudo personale per una vicenda che oramai lo sta ossessionando e alla quale ha dedicato numerose riunioni di famiglia. Perfino ai funerali del suo amico Comincioli non è riuscito a rimanere in silenzio, visto che si trattava dopotutto di esequie ed ha confidato a chi gli era vicino il suo terrore di finire sul lastrico, dopo la liquidazione di un risarcimento compreso fra i 460 e i 500 milioni di euro.

LE PERPLESSITA’ DEL PDL. L’indecorosa vicenda ha fatto emergere, ancora una volta, i malumori del Pdl. Un imbarazzato ministro degli esteri Franco Frattini ha cercato di farfugliare qualcosa ai microfoni delle televisioni, senza capire nemmeno lui il senso delle sue affermazioni. Di Tremonti si è detto. Oggi perfino giornali come “Libero” criticano il premier per i modi furfanteschi con i quali aveva pensato di salvare il suo patrimonio. Un leader oramai arrostito dalle sue ossessioni sessuali e patrimoniali, che da sempre usa Palazzo Chigi per la esclusiva promozione dei suoi interessi economici. La novità è che ora anche all’interno del suo partito sono sempre di più i fedelissimi che giudicano conclusa la sua leadership ed anzi ne auspicano una repentina caduta prima che sia troppo tardi.

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