Avanguardie. La ludopedagogia che cambia l’uomo

Ariel Castelo Scelza, in risposta al rigido regime totalitario uruguaiano, ha inventato un metodo che aspira a diventare il centro propulsore di una concezione diversa della vita e dell’azione politica collettiva. Scelza lo illustra in un servizio-video di Valentina Berdozzi

Trent’anni di vita passati a giocare con persone di tutto il mondo, sostenendo caparbiamente che il gioco sia la più seria delle attività umane. La salda convinzione di Ariel Castelo Scelza, 58enne uruguayano passato attraverso la dittatura civico-militare del suo Paese tra il 1973 e l’85, è un metodo per affrontare la vita che ha un nome preciso e una sua missione chiara. 

Quel metodo si chiama “Ludopedagogia” e il suo scopo è quello di far capire a tutti che il gioco può essere più di finzione, leggerezza e sconvolgimento buffo di canoni e regole: il gioco è la porta di accesso preferenziale all’altro e alla conoscenza di punti di vista diversi e altrui. Perché – sostiene grintoso Ariel – giocando si impara, si scopre, ci si affaccia sulla vita dell’altro – specie se, come sanno i volontari ogni giorno in prima linea ad affrontare l’emergenza – l’altro è un migrante o un rifugiato che viene da terre, storie ed esperienze lontanissime. Perché – rincalza ancora – giocando si possono indossare gli abiti e le scarpe altrui, vivere le loro vite e provare a immergersi in un mare di esperienza, rialzandosene poi diversi e fortificati.

La centralità del gioco, per Ariel, è tutta rinchiusa qui: in un metodo che è nato in risposta al rigido regime totalitario in cui l’Uruguay è caduto negli anni ’70 e che, oggi a più di trent’anni di distanza, vuole diventare il centro propulsore di una concezione diversa della vita e dell’azione politica collettiva, nuovo motore di aggregazione sociale nell’era della sfiducia, della chiusura e della disaffezione alla politica.  

“Nella Ludopedagogia si fondono due dimensioni diverse” – spiega Ariel – “c’è la componente pedagogica, che si riferisce alla possibilità di conoscere la realtà per via empirica e concreta. E poi c’è la componente ludica, che deve essere considerata come la dimensione della fantasia, del gioco e dell’avventura, dove l’impossibile diventa possibile”. La dimensione, insomma, in cui professionisti rispettabili e affermati smettono i panni dei “grandi” e tornano a danzare in cerchio, allestendo girotondi in cui stringere la mano a sconosciuti che diventano presto conoscenti, a estranei che diventano vicini e con loro condividere un balletto che è convivenza quotidiana. 

E’ in questa dimensione che la Ludopedagogia esplode nelle sue molteplici possibilità di ricchezza; prima tra tutte, quella di poter tornare indietro alla purezza di cuore e di spirito dei bambini e fare, così, del gioco non un’arma di distrazione ma un’importantissima risorsa di conoscenza. Per ritrovare, poi, una curiosità rinnovata e una spinta propositiva verso quella collettività che ci accoglie e che molto spesso viene ignorata.

Ospite dell’Associazione Liscìa, che periodicamente riesce a strapparlo dalla sua America Latina per portarlo in Italia e in Europa, Ariel insegna così a mettersi in gioco, a ballare, a comunicare, a interagire, a danzare in gruppo, a fidarsi del prossimo, ad aprirsi a un modo diverso di relazionarsi all’altro basato sull’incontro. Perché – spiega lui – “è proprio nell’incontro con l’altro che esplode quella ricchezza di possibilità, di esperienze e di conoscenza che in nessun altro luogo è possibile e che rende diversa e più piena la nostra realtà. E’ così che si rivela quel tesoro che è la capacità di andare oltre alla superficie, alla provenienza e al colore della pelle, per andare a toccare le corde comuni al vivere umano, i sentimenti di pace e fratellanza, le radici condivise in cui il valore della diversità si annulla e scompare”. 

Nel luogo magico della condivisione e del gioco accade, così, che possano essere valicate barriere enormi e risvegliati gli antichi sentimenti della partecipazione collettiva alla vita sociale; accade che possa essere affrontata (e vinta) l’onda di anti-politica che soffia sui nostri tempi; accade che la tendenza alla chiusura possa essere rovesciata da una rinnovata umanità. E soprattutto accade che, ridendo, si arrivi alla riscoperta più seria di tutte: l’idea che l’uomo sia un animale sociale, politico e collettivo nato in mezzo agli altri per aprirsi agli altri. E con loro ridere, rincorrersi e giocare lungo il cammino che porta a un mondo consapevole, che sa consapevolmente ridere di tutto – e anche di sé. 

Ariel Castelo Scelza spiega la ludopedagogia. Video

 

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