Melania Rea. Tracce di DNA femminile sulle unghie della vittima

ROMA – Giungono le prime indiscrezioni sull’autopsia eseguita al corpo di Melania Rea, ritrovata uccisa il 20 aprile scorso nel bosco di Ripe di Civitella in provincia di Teramo. Il delitto si sarebbe consumato in un tempo ristretto, tra le 14 e le 15,30.

I colpi sul suo corpo sono stati inferti con armi diverse, un coltello e un oggetto contundente, e in tempi diversi. L’omicida l’avrebbe aggredita da dietro, cercando di colpirla alla gola con una tale efferatezza paragonabile solo a un film dell’orrore.  Il killer, che impugnava l’arma del delitto con la mano destra, ha sorpreso la vittima alle spalle e quest’ultima ha  tentato la fuga. Secondo gli esperti, Melania sarebbe poi caduta, probabilmente spinta con forza, e a quel punto l’assassino avrebbe infierito su di lei con una serie di coltellate che l’hanno raggiunta al collo, alla testa e al torace. Una morte davvero atroce che stando al referto medico si sarebbe consumata dalle 14,00 alle 15,30.
Ma non finisce qui. L’omicida ritorna qualche tempo sul luogo del delitto, forse dopo due giorni,   e infligge altri colpi post mortem sul cadavere, probabilmente con un punteruolo.
Un episodio che gli inquirenti ipotizzano sia servito per mettere in atto un vero e proprio depistaggio.

Intanto i legali di Salvatore Parolisi affermano che la donna sarebbe stata uccisa da una donna.
Tale pronunciamento degli avvocati sarebbe supportato dai risultati medico-legali che hanno riscontrato la presenza di Dna femminile sotto l’unghia dell’anulare della mano sinistra della vittima. Sempre secondo i legali,”in due righe di conclusione del perito” si evince che Melania si è difesa prima di morire. Il Dna del marito è stato trovato solo in bocca, probabile conseguenza di un bacio.

“Si chiede l’arresto di un uomo, ma gli accertamenti – hanno dichiarato i difensori di Parolisi, Valter Biscotti e Nicodemo Gentile – lasciano intendere che l’omicidio è stato compiuto da una donna. Nelle prime righe delle quasi cinque pagine di quesiti chiesti dai pm al medico legale – spiegano – si chiede di verificare se ci sono altri Dna oltre a quelli di Salvatore e Melania: ebbene, la risposta a questo quesito è quasi mascherata in due righe nelle conclusioni del perito. Occorre andare a spulciare i dati nelle oltre 80 pagine – seguitano Biscotto e Gentile – per scoprire che: Melania ha tentato di difendersi con le mani durante l’aggressione; sotto l’unghia di una mano è stato trovato del Dna di una donna; il Dna di salvatore è stato trovato solo nella bocca di Melania come probabile conseguenza di un bacio”. Inoltre, secondo i legali “le ferite sono state provocate da due diverse armi (o oggetti) e in tempi diversi. Questi dati, da soli, consentono la rovina del castello accusatorio a senso unico contro Parolisi tralasciando altre piste. Noi chiediamo: chi è la donna che ha aggredito e probabilmente ucciso Melania?”

Tuttavia i sospetti su Parolisi rimangono, visto la richiesta di fermo emessa ieri dalla Procura di Ascoli Piceno, la quale teme che l’indagato possa inquinare le prove o addirittura darsi alla fuga. Ma ci sono altri indizi che fanno sospettare l’accusa.
A partire dalla gita sul pianoro di Colle San Marco, alla periferia di Ascoli Piceno, dove la coppia si sarebbe diretta il 18 aprile per far giocare la piccola Vittoria sull’altalena. Peccato che nessuno abbia confermato la presenza della famiglia. Poi la moglie che si allontana per fare la pipì con solo 5 centesimi in tasca con i quali avrebbe dovuto comprare un caffè al marito. E poi il marito che aspetta parecchio tempo prima di dare l’allarme, forse troppo. E non finisce qui, perchè il segnale da dove parte la telefonata viene segnalato nella cella di Ripe di Civitella, proprio dove è stato ritrovato il corpo di Melania. Gli inquirenti scoprono anche che sia il cellulare di  Parolisi che quello della moglie il 18 aprile non sono mai stati agganciati  alla cella di Colle San Marco  Ma c’è un altro fatto che insospettisce, ovvero la cancellazione improvvisa a un giorno di distanza dalla scomparsa di Melania di un profilo di Facebook usato da Parolisi il cui nominativo risultava essere “vecio alpin”.
E ancora, il secondo cellulare gettato da Parolisi con il quale parlava con la sua amante, la soldatessa Ludovica P..

Ora si attende la prossima mossa del Gip, che dovrà confrontare le tante versioni spuntate su questo intricato delitto dai contorni oscuri.

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