Il sangue di Barcellona

Barcellona colpita al cuore in un pomeriggio d’agosto. Barcellona sconvolta sulle Ramblas, ossia le vie caratteristiche della città, simbolo della gioia, della felicità e della spensieratezza tanto degli autoctoni quanto di milioni di turisti. Barcellona travolta dall’ennesimo furgone scagliato con ferocia contro le strade di un Occidente devastato e di un’Europa al momento senza difesa.  

Lo abbiamo già scritto altre volte e lo ribadiamo: questa guerra, che nasce all’interno del mondo islamico e si riverbera sulla nostra civiltà, colpendoci di riflesso e squassando le nostre società afone e apparentemente prive di ogni possibilità di reazione, sarà difficile se non impossibile da vincere.

È una guerra sottile, strisciante, pericolosa, contro un’entità che non è uno stato e capace di strumentalizzare una religione, l’islam, fino a trasformarla in un’ideologia aggregante.

È una guerra che solo un’Unione Europea forte, autorevole e coesa potrebbe combattere. 

È una guerra che durerà almeno una generazione e che sarebbe folle negare, insieme alla sua componente di odio, di barbarie e di regressione morale e culturale.

La drammatica realtà con la quale siamo costretti a fare i conti oggi, infatti, è quella di un Occidente per nulla attrezzato a contrastare questo genere di violenza, in quanto prigioniero di due errori interpretativi e d’analisi che lo paralizzano e lo rendono, di fatto, inerme: illudersi che gli stati abbiano ancora il monopolio della forza (concetto totalmente inesatto, come si evince sia dal proliferare di organizzazioni di estrema destra, attive nel contrasto delle ONG che si sforzano di salvare vite nel Mediterraneo, che dalla crudeltà infernale delle varie organizzazioni terroristiche) e pensare che possa ancora bastare l’ormai consunto ombrello della NATO per garantire la sicurezza dei cittadini.

Un’analisi errata, panoccidentale, inadeguata alla comprensione del contesto storico contemporaneo e, quel che è peggio, per nulla rispondente all’allarme lanciato, fra gli altri, da Olivier Roy circa nichilismo che si annida dietro questo fenomeno e i suoi diretti esecutori.  

Fino a quando andremo avanti a colpi di slogan, frasi fatte e luoghi comuni, senza riflettere a dovere sulla “generazione ISIS” e sulle sue fonti di ispirazione e di indottrinamento, oltre che sulle nostre colpe e su quelle di tutti coloro che hanno sperato a lungo di potersene servire per combattere le proprie guerre per procura, purtroppo, saremo destinati a subire e a vedere le nostre strade straziante da altre mattanze. 

Barcellona è solo l’ultima vittima in ordine cronologico, dopo Nizza, dopo Berlino e dopo il sangue versato a Parigi, a Manchester e in altri luoghi simbolo del nostro stile di vita. 

Tredici morti e oltre cento feriti, con un bilancio che viene aggiornato di ora in ora e il serio rischio che sia destinato ad aggravarsi. 

Barcellona piange e noi con lei, immersi nello stupore ipocrita della nostra fragilità.

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