ROMA – C’è un lavorio sotterraneo del” partito Rai” che prende le mosse dalle indicazioni date da Monti per quanto riguarda il presidente e il direttore generale.
” Partito Rai” che ha profonde radici nell’azienda e collegamenti esterni ben saldi, non solo forze politiche, ma anche gruppi di pressione che vanno da potenti associazioni, con il volto scoperto,ma anche nascosto, fino all’ Opus Dei, Vaticano che, da sempre e anche ora, non manca di dire la sua, di far sentire la influenza di potenti porporati. Questo partito, invisibile ma tangibile ,chiede a gran forza che venga nominato il nuovo consiglio di amministrazione, intensifica il pressing sul segretario del Pd perché faccia marcia indietro, partecipi alla elezione del Cda, ci metta il timbro. Tanto la maggioranza sarà di marca berlusconiana, vecchie volpi molto esperte in nomine, lottizzazioni, spartizioni dei posti di comando. La Lega ha ceduto il “ suo “ consigliere. I due che dovrebbe indicare il Pd non sarebbero che ruote di scorta. E così tutto sarebbe come prima, anzi peggio di prima. Certo c’è il problema del direttore Lei che non se ne vuole andare, ma una soluzione si troverà,una poltrona. Da qualcje parte non si nega a nessuno. Di fatto Monti ha commissariato la Rai., l’ha data nelle mani di un presidente e di un direttore generale, dando loro poteri, ignorando che il fondamento della Rai è la “mission” editoriale, anzi peggio subordinandola ad una direzione generale che accentra i poteri reali, i budget.
Perché la scelta di Tarantola e Gubitosi
Non è un caso che il presidente del Consiglio nell’indicare presidente e direttore si sia ben guardato da dare un minimo cenno per quanto riguarda gli indirizzi,le scelte di fondo dell’azienda.. Perché ha scelto Tarantola e Gubitosi? Per dare alla Rai “ solidità gestionale”. Una risposta, quella adombrata da Monti, che riduce la situazione complessa di una grande azienda editoriale, che produce informazione, a problemi tecnico finanziari. Da qui l’indicazione del vicedirettore di Bankitalia come presidente e di un manager multiuso che viene da Wind cui viene affidato il risanamento dell’azienda. Gira in Rai una battuta: Secondo questa logica si può affidare una grande banca ad un pittore.” Non è così che si affronta il risanamento di una azienda editoriale. Passa infatti per ciò che si produce,cosa si manda in onda, la qualità dei prodotti. Questo è il nodo da affrontare, altro che accentrare tutti i poteri nelle mani di due persone che con questo mondo non hanno niente a che fare, magari si gloriano di non guardare la tv. La Rai, nella sua parabola discendente, non avrà più, dopo le Olimpiadi, la Formula 1, i Mondiali di calcio, i collegamenti per “ quelli che il calcio”. Per non parlare dell’esigenza, se vuole essere servizio pubblico, di far vivere nelle strutture informative, telegiornali, giornali radio, il pluralismo dell’informazione, strappato dal berlusconismo imperante.
Un Cda lottizzato creerebbe solo nuovi danni
La Rai vive una crisi di identità, se ne vanno , o meglio vengono cacciati, autori, personaggi del mondo dello spettacolo, eliminati programmi di grande ascolto. Questo è lo stato dell’arte. Un consiglio di amministrazione ancora di marca berlusconiana, lottizzato secondo le vecchie logiche, creerebbe più danni della grandine, darebbe il colpo mortale alla Rai. L’accentramento di poteri nella direzione generale completerebbe l’opera. Se si vuol salvare la Rai il presidente Monti abbia il coraggio di commissariare l’azienda. Lo faccia alla luce del sole, in modo aperto. prenda l’impegno a far saltare la legge Gasparri, a riformare la governance indicando gli indirizzi che possono rilanciare il servizio ppubblico