ROMA – Come si dice, dio li fa poi li appaia. Sergio Marchionne , l’ad del Lingotto, quello della maglietta girocollo che non si toglie neppure quando dorme e Matteo Renzi, il sindaco di Firenze affezionato alle camice bianche, appena stirate, come ha scritto un cronista di Repubblica, sembrano due gemelli.
L’uno si è messo in testa di rottamare la Fiat, “Fabbrica Italia”, tanto sponsorizzato dal precedente governo e da Cisl e Uil, non c’è più. Anzi non c’è mai stato, come più volte ha denunciato la Fiom. I lavoratori temono la chiusura di altra stabilimenti, dopo Termini Imerese per il quale non è stata trovata ancora una soluzione. I venti miliardi di investimenti entro l 2014, ”impegno autonomo,” nessun incentivo pubblico”, si vantava Marchionne, si sono volatilizzati. Il governo ancora non si è posto l problema di intervenire in una vicenda che può segnare l futuro industriale del nostro Paese. Fornero ha incontrato Marchionne all’autodromo di Monza, si sono salutati, hanno assistito al Gran Premio ma non è stato fissato alcun appuntamento.
Il governo non ha ancora convocato l’Ad del Lingotto
Dice il segretario generale della Fiom: “In un paese normale un governo dovrebbe convocare non solo la Fiat ma anche le parti sociali per discutere del piano industriale che serve al nostro paese”. “Monti-prosegue – ha pero’ la responsabilita’ di aver detto all’epoca del suo incontro con l’amministratore delegato della Fiat ”che e’ giusto che investa dove gli pare: cosi’ Monti non sta pensando agli interessi di questo paese e continua a pensare che il mercato risolva tutti i problemi ma i lavoratori stanno pagando da vent’anni questa teoria”. Intanto a Pomigliano gli operai annunciano picchetti, presidi, negli altri stabilimenti il clima è pesante. Cisl e Uil non sanno dire altro che la crisi ha colpito pesantemente l’auto. Non una parola di autocritica. E il “rottamatore” va avanti, si fa sempre più arrogante.
La politica di centrosinistra nel mirino del sindaco di Firenze
Anche Matteo Renzi è un rottamatore. “Tutti i dirigenti a casa se vinco le primarie” e con questo obiettivo è partito nel giro d’Italia a bordo del suo camper. Ancora il Pd non ha approvato il regolamento delle primarie. Si dovrà cambiare lo statuto che prevede che il candidato del Pd è il segretario, cosa logica che avviene quasi ovunque,proprio per consentire a Renzi di partecipare. Ancora non c’e legge elettorale, né ci sono alleanze, coalizioni,regole per le eventuali coalizioni. Il primo intervento di Renzi, candidato, a Verona, la patria del sindaco leghista, Tosi, ha dimostrato che il sindaco di Firenze vuole rottamare insieme al gruppo dirigente, il partito, la sua linea politica. Non nomina mai la “carta di intenti” approvata dalla Direzione nazionale che sarà la base per costruire il programma di governo. Lui va per conto suo. Al solo pronunciare la parola Pd gli viene l’orticaria. Dice perfino di sentirsi umiliato per il fatto che il centrosinistra non abbia saputo esprimere una soluzione diversa dal governo tecnico, non abbia preso nelle mani la guida politica del Paese. Il sindaco di Firenze dovrebbe sapere che per formare un governo ci vuole anche una maggioranza parlamentare che lo voti.
Chiede il voto agli elettori della destra per battere Bersani
Forse, visto che nel suo primo comizio, si privolto agli elettori “delusi” del centrodestra pensa proprio ad una ammucchiata con lui in testa al mucchio. Così, di fatto, l’invito agli elettori di destra ad andare a votare alle primarie per decidere il candidato del centrosinistra. Naturalmente lui è il garante anche per la destra, le politiche per lo sviluppo, il lavoro, il dramma che vivono milioni di persone, di famiglie, disoccupati, cassa integrati, precari, donne escluse dal mondo del lavoro, i diritti sindacali, tutto armamentario dei reperti della sinistra. Ma con il Pd che c’entra? Non si capisce bene. Così come non si capisce bene quale piega stiano prendendo le primarie. Ogni giorno arriva qualche candidatura. Se ne fa levatrice Repubblica che lancia una pseudo inchiesta sulle primarie, tutta orientata nella critica a Bersani.
Arrivano le candidature annunciate da Repubblica
E dal giornale diretto da Ezio Mauro arrivano candidature come quella di Stefano Boeri, assessore alla Cultura del comune di Milano, di Laura Puppato, capogruppo Pd alla regione Veneto. Ci pensa Rosy Bindi perché il Pd è “troppo rosso”, ci pensa Pippo Civati, consigliere regionale delle Lombardia. Si sono già prenotati Nichi Vendola per Sel, Tabacci, assessore giunta di Milano per l’Api di Rutelli, forse Nencini per il Psi. In questo bailamme si sprecano da parte dei giornali di destra gli osanna a Renzi che “ha distrutto il Pd” e di “novità” parlano i tre giornaloni felici e contenti per questa candidatura che, in qualche modo contrasta la campagna del Pd per il governo del Paese. Scrive Repubblica, con il vicedirettore Massimo Giannini che qualche critica a Renzi la fa, flebile e bonaria: “il segretario Bersani rischia di vagare nella zona grigia che si apre tra il movimentismo di Renzi e il radicalismo dell’anima “socialdemocratica”. E’ il difetto di fabbrica di questo Pd che arriva alle primarie senza sapere cos’è. ”La presunzione è pari alla sciocchezza: parlare di radicalismo dell’anima socialdemocratica come fosse un delitto significa rottamare la storia e anche il futuro.