La svolta in Sicilia e il gioco dei poteri forti

Meno di ventiquattrore dal voto siciliano ma i giochi non sembrano ancora fatti.  Dieci governatori  candidati e diciannove liste, ma a tenere banco non è tanto il numero delle liste e degli aspiranti che lascia stupiti, quanto la sfiducia dei siciliani che aleggia in ogni città, paese o contrada.

Il più grande pericolo è l’astensionismo. Una minaccia certo da evitare. Ma cosa può spingere il siciliano a recarsi alle urne guardando alla credibilità degli schieramenti alle prospettive di governo che essi danno e comprendere che fine farà il proprio voto. Affidandosi alle dichiarazioni pubbliche e alle indiscrezioni private. Si sostiene infatti che alcuni leader decideranno solo oggi le indicazioni di voto. Una consuetudine antica. Praticata soprattutto dai democristiani ma anche da altri partiti. I fac-simile con l’indicazione del voto arrivavano la notte del sabato. All’alba l’esercito del portaborse si muoveva verso i seggi elettorali dove la gente andava a votare, e lì si compiva il destino di questo o quest’altro candidato.

In questa tornata elettorale stando alle voci che circolano ci sarebbe una fascia elettorale che stazione al centro del confronto e che attende le ultime indicazioni per fare delle scelte. In questo caso soprattutto sul candidato governatore. E si vocifera di voto disgiunto da parte di Lombardo che potrebbe favorire Crocetta, al punto di coniare l’acronimo “croc-chè” (Crocetta – Miccichè). D’altra parte viene artatamente diffusa la notizia di qualche fuga che potrebbe registrarsi fra gli elettori dell’UDC  i quali mostrano qualche fitta allo stomaco nel votare l’europarlamentare di Gela. Simpaticamente ma incoerentemente il Miccichè ormai Lombardo dipendente, lancia strali su Musumeci dichiarando che i “palermitani non vogliono altri governatori catanesi”,  scordandosi, in preda alla boria elettorale,  di essere stato lui l’ispiratore della candidatura dell’esponente de “La Destra”
La verità profonda è invece un’altra. La candidatura di Saro Crocetta in queste settimane è cresciuta, si è sviluppata entrando nelle vene della bella Sicilia onesta. Con Saro si respira un’aria di vigilia per un cambiamento reale e concreto sull’utilizzo dei fondi comunitari, sulla sanità, sull’economia verde sulla sburocratizzazione e sulle infrastrutture come l’Aeroporto di Comiso che l’ex sindaco di Gela individua come prioritario per produrre ricchezza e benessere nel sud-est dell’isola. E nel disgusto e la rabbia che attraversa il popolo siciliano e non solo, per l’immagine che ha dato di se la politica, e il potere,  da noi sintetizziamo in una parola “manciugghia”, Crocetta appare come una fetta di fresco limone mediterraneo capace di allontanare la nausea, orientare la rabbia verso il cambiamento e dare fiducia ad una terra da troppo tempo calpestata dalla pessima politica e dal malaffare.
Ecco che il tentativo dei poteri forti di fare apparire il candidato della svolta come al centro di trattative e miserabili voti di favore,  per indebolirne la cifra rivoluzionaria e, nelle ultime or,e convogliare consenso al candidato dell’establishment conservatore Nello Musumeci. In questo quadro si inserisce a gamba tesa Grillo che con le sue performance di massa rischia raggiungere un risultato inaspettato e clamoroso con la possibile conquista di molti seggi al parlamento regionale che però  non riuscirà a mettere a frutto per la mancanza di contenuti di una politica fatta più di barzellette che di progetti per la Sicilia. D’altro canto  la rappresentanza politica all’ARS del comico genovese non avendo una struttura consolidata sarebbe oggetto  di campagna acquisti necessario per il governatore eletto. La medesima esperienza che avvenne con la fresca e interessante esperienza della “Rete” di Orlando che però si sciolse come neve al sole a prescindere dal carisma del suo leader.
Ormai comunque mancano poche ore e presto sapremo se la Sicilia avrà avuto il coraggio e la determinazione di intraprendere una via nuova e inedita, voltando pagina, al di là dell’antipolitica e dell’astensionismo, per costruire finalmente vere opportunità di legalità di  sviluppo e di lavoro.

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