ROMA – E’ stata una notte inutile. Potevamo tranquillamente andare a dormire e ci saremmo risparmiati chiacchiere vuote, sciocchezze, giudizi e previsioni di seriosi commentatori che non sapendo cosa dire si addentravano in riflessioni contorte.
L’unica cosa certa è stata la notizia che Obama aveva regolarmente cenato a casa sua con Michelle e figli. Qualcuno, di quelli che la sanno lunga, dice che c’erano anche alcuni dello staff elettorale. Alle tre del mattino ancora si confondevano sondaggi, exit poll, previsioni, proiezioni con voto veri. Arrivavano i voti della Virginia e veniva ammucchiati insieme alle proiezioni della Florida. Accadeva così che nella conta dei delegati si faceva una gran confusione. E sulla base della confusione arrivavano commenti a non finire. E se ne sentivano delle belle. Per esempio mentre dall’Ohio arrivavano dati positivi per Obama, per la proprietà transitiva viene collegato il voto con il salvataggio dell’industria automobilistica, quindi con Obama che in questa operazione ha investito tanti, tanti dollari. Ed ecco che arriva Marchionne e qualcuno, con grande serietà, dice che l’ad del Lingotto ha fatto vincere Obama. Fra gli altri commentatori presenti nello studio del tg3 c’è un momento di incertezza poi non è solo Guzzanti padre a sostenere questa tesi. Ci vuole Bianca Berlinguer a riportare la questione nei suoi giusti termini. Ridendo, dice “mi pare un po’ troppo, lasciamo stare Marchionne, si sta votando per l presidente degli Stati Uniti”. Cambiate canale e andate su quello del tg 7. Lì c’è Ferrara. Anche lui non manca di dire la sua sul voto dei metalmeccanici dell’Ohio. Per la verità lo spunto glielo offre Formigli quando afferma che gli operai dell’auto hanno accettato la riduzione del salario, dimezzato, pur di salvare l’azienda. Ed ecco Ferrara esclamare, “ditelo a Landini”. Sciocchezze di una inutile perdita di sonno. Arriviamo così verso le quattro del mattino. In realtà qualcosa sta avvenendo a Chicago, nella sede dove si trova no i sostenitori di Obama mentre i nostri commentatori dagli studi televisivi continuano imperterriti a snocciolare numeri che non dicono niente. I fans di Obama danno segni di gioia, ancora contenuta. Lo staff di Obama però si mantiene ancora prudente. Ma il “fremito” che si avverte nel “popolo” di Obama è un segnale.
Ci raccontano anche che nella sede in cui si stanno radunando i sostenitori di Romney è cessata la musica. Fra i commentatori televisivi circola un interrogativo: cosa vuol dire? E già ipotesi, previsioni. Nel frattempo entra in collegamento un giornalista di quelli che la sa lunga. E propone varie ipotesi. Se Obama vince in Florida ma se Romney vince in Virginia, se però Obama conquista l’Ohio, ma se Romney vince nel Wisconsin e nello Iowa può avere ancora speranza, lo scambio potrebbe durare all’infinito se Bianca Berlinguer non dicesse vediamo qualche scheda. Ma ormai la teoria dello scambio ha conquistato il primo piano. E arriva la sentenza definitiva: se Obama si aggiudica il Middle West la partita è finita. Si leva una voce a porre fine alla teoria dello scambio: ci vogliano ancora due ore per dire qualcosa di certo. Poi arriva la Fox a fornire la notizia che Obama è in testa. Boato nel quartier generale dei democratici a Chicago dove sono riuniti i democratici.
Ma il boato non è ancora finito che la Fox precisa Obama è in testa, però. E dopo la teoria dello scambio arriva quella del sì però. A questo punto, ormai verso le prime ore del mattino, scompare dalla scena Giovanna Botteri, che ha tentato per tutta la notte di fornire dati certi. Si è perso il collegamento con il satellite e senza Giovanna si precipita di nuovo nel nulla. Anzi, no. La discussione si sposta sul ruolo giocato dai mormoni, dai vescovi. Non solo, arriva la domanda, “ma Obama è di sinistra?”. Ci mancava anche questa. Pare di essere in Italia e scatta così il nostro vocabolario, liberale, moderato, riformista. Poi la più bella della serata. Un arguto editorialista afferma che Clinton ha sostenuto Obama ma in cuor suo avrebbe preferito la vittoria di Romney. Così nel prossimo giro si sarebbe potuta candidare Hillary, moglie paziente e tollerante. Un altro dei commentari non condivide ma non trova parole per dire che la signora Clinton ha una certa età. Non vuole passare per un rottamatore e allora spiega che Hillary è “consumata”, non come età ma come generazione politica. A far casino ci si mette anche la Cnn. Viene dato l’annuncio che farà una infornata di dati. Grande attesa negli studi televisivi. Ma la montagna partorisce il topolino. Invece di dati certi presenta tre exit poll. Si prosegue nell’incertezza ma a Chicago l’animazione nel quartier generale si fa più viva. Arriva una grande folla. Sul palco viene piazzato il podio da cui potrebbe parlare Obama. L’atmosfera si fa sempre più frizzante mentre si attendono le proiezioni degli stati dell’Ovest. La California pesa per ben 55 grandi elettori. Non ci dovrebbero essere sorprese. Poco prima delle cinque del mattino viene dato per certo che Obama è uscito di casa per recarsi nel teatro dove lo attende la folla. Si attende. Da un primo calcolo risulta che i grandi elettori di Obama hanno superato l’asticella dei 270 voti necessari per aggiudicarsi la presidenza, quando mancano ancora i risultati di diversi stati. Il suo avversario è fermo a 200. La torre della celebre televisione si accende di azzurro. La folla straripa, non solo a Chicago. Si animano le strade di New York. L’entusiasmo sale alle stelle. Si canta e si balla. Risuona l’inno americano. Le televisioni diffondono la foto di Barack che abbraccia Michelle. A Boston, al quartier generale di Romney cala il sipario. Su I democratici hanno vinto, i repubblicani hanno perso.