Francesco, il Papa dei poveri che rivoluzionerà la Chiesa

 CITTA’ DEL VATICANO – Una rivoluzione copernicana che segna in un colpo solo la fine di un ormai usurato assetto eurocentrico e di un sistema di potere fondato sulla supremazia della curia romana.

L’ascesa al soglio petrino dell’argentino Mario Jorge Bergoglio rappresenta un rovesciamento non solo geografico, ma soprattutto culturale, dei rapporti di forza in seno al Vaticano che scuote l’intero pianeta in tutta la sua immaginifica potenza. Una ventata di speranza che arriva dal Sud-America e improvvisamente travolge le stanze vaticane dove si è troppo a lungo articolata l’egemonia del partito romano. Scardinandone di getto le fondamenta e minandone ogni certezza. Nel corso del solenne rito dell’Habemus Papam, ieri sera, Bergoglio non si è mai definito Papa, ma semplicemente vescovo. Dunque, pastore. Poi si è inchinato, umilmente, verso la folla che lo acclamava. Invitando i fedeli a pregare il Signore per la delicata missione di testimonianza che lo attende. In piazza San Pietro è calato un silenzio irreale. E’ accaduto qualcosa che non si era mai visto prima di allora. Il senso di una rivoluzione ha iniziato a manifestarsi agli occhi del mondo attraverso gesti umili. Semplici.

Francesco, un nome che esprime un progetto annunciato

In questo contesto, si spiega la scelta del nome Francesco. Nessun altro Papa aveva scelto questo nome. Un nome che contiene in sé l’espressione autentica di un progetto annunciato. Di un avvertimento ai potenti contemplato nella vicinanza ai poveri e ai deboli. La Chiesa di Francesco si presenta in questo modo così straordinario di guardare alla luce del Cristo. Sono bastate poche parole per avere chiara l’idea di una volontà forte di un ritorno alle origini, alla semplicità, ai valori autentici della vita. Il Conclave, che otto anni prima lo fece arrivare secondo dietro il teologo, con la mediazione dello Spirito Santo, ha dato un seguito al progetto ratzingeriano partito attraverso la clamorosa e apparentemente misteriosa decisione di abdicare. Una rinuncia che oggi ci appare più chiara e in un certo senso ci fa tirare un sospiro di sollievo liberando la mente umana dall’ossessione di un drammatico smarrimento iniziale. Il Conclave ha bocciato il ritorno di un Papa italiano facendo scorrere i titoli di coda di un sistema di potere espresso nelle figure del Decano del Collegio Cardinalizio, Sodano, e del Camerlengo, Bertone. Un sistema di potere – quello del partito romano – capace di paralizzare il progetto di evangelizzazione del Papa tedesco fino a sfibrarlo. Per questa ragione, il Papa emerito, come lui stesso disse, si è rimesso alla volontà del Signore decidendo di dire basta poiché le sue forze si erano indebolite via via. Quel gesto non fu una sconfitta. Quel gesto preparava ‘semplicemente’ il terreno perché il cambiamento potesse correre libero oltre i più reconditi confini tracciati dalla paralisi imposta dal più bieco dei poteri costituiti. Con Francesco, sale alto un grido di apertura e di speranza che archivia un’epoca e porta la Chiesa in mezzo alla gente, fuori dal Palazzo. Un Papa che alla prima occasione si è presentato semplicemente vestito di bianco con un crocifisso in petto. Mettendo subito da parte gli sfarzi e il lusso. Francesco dovrà certamente fare i conti con avvoltoi e corvi – sempre pronti a far capolino e deturpare il volto della Chiesa – ma di certo non avrà timore a scoperchiare il vaso di Pandora entro cui sono custodite verità scomode, inconfessabili. Dallo Ior alla pedofilia. Lo farà a modo suo, da semplice frate dei poveri. Desideroso di parlare al mondo attraverso la lingua universale della trasparenza, dell’amore e della misericordia.

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