Silvio e Beppe uniti nella lotta. Contro Bersani

ROMA – Una volta saremo scesi in piazza e denunciato “Silvio e Beppe uniti nella lotta”. In negativo un vecchio slogan del movimento studentesco che voleva uniti studenti e operai. Ma ora, ai tempi del senso di responsabilità di cui il Pd ha fatto la sua bandiera per affrontare una delle più gravi situazione in cui è precipitato il nostro Paese, non su usa più.

Sia chiaro  queste parole “senso di responsabilità”, che vengono da lontano, da quando Togliatti nel 1944, dopo anni ed anni di esilio, tornò in Italia, Sono sacrosante. Ma di fronte alla banda di cialtroni con la quale ci ritroviamo a fare i conti, forse, se la mettiamo un po’, un “pezzettino” direbbe Bersani, non ci faremmo male e non faremmo male all’Italia. Non abbiamo più di fronte, come in tutte le normali democrazie avversari politici. No, questo sono nemici, nemici del cambiamento, della democrazia che mettono a rischio. Berlusconi appena Grillo ancora una volta, con parole ignobile volgari, ha detto che  con i partiti dei puttanieri non vuole avere niente a che fare e che  fra questi c’era, appunto, Bersani è uscito allo scoperto. I retroscenisti e i politologi non avevano fatto caso ad un piccolo particolare: il cavaliere quando ha parlato a Piazza del popolo a proposito della Presidenza della Repubblica ha cambiato registro. Non più una personalità “moderata”, ma – ha detto – del centro destra. Noi, ci spiace ancora una volta richiamare  il nostro giornale, abbiamo detto che ciò significava la sua, del cavaliere, candidatura alla più alta carica dello Stato. Pensate ben sette anni senza processi, una pacchia. Appena Grillo ha blindato i “grillini”, no secco a qualsiasi  strada praticabile per consentire a Bersani di mettere in pista il governo, ecco che Berlusconi apertamente avanza il ricatto.

Bersani al governo, con tre o quattro ministri del suo giro,  e Gianni Letta o lui stesso a Capo dello Stato. La prima ipotesi, Letta, il suo capo maggiordomo, era pro forma. Questo lo scambio indecente proposto che Bersani ha rispedito al mittente. E Grillo che ci guadagna? Lui pensa che da questa situazione può ricavarne qualche voto in più se si va subito alle elezioni. In realtà a lui interessa sfasciare quel che resta di una democrazia lacerata. Ambedue, Berlusconi e il comico genovese  hanno un odio viscerale, non tanto per i partiti, ma per il partito della sinistra, il Pd, la coalizione che  si è proposta per il governo del Paese. Berlusconi ha rispolverato toni da anticomunismo da guerra fredda. Anzi è andato più in là. Sono due individui pericolosi per la democrazia. Questo sembrano non capire, oppure fanno finta, politologi, retroscenisti, editorialiste a buon mercato, quando rilanciano ormai giorno dopo giorno, il governissimo, le larghe intese, le alleanze, governi istituzionali, di scopo. Fanno di ogni erba un fascio, tutti i gatti sono bigi. Sottili distinzioni fra governi tecnici e governi formati da personalità fuori dai partiti. Del resto lo ha detto anche Crimi, il capogruppo al Senato di M5S se si cambia il candidato e non è più  Bersani, si può discutere. Ma subito è arrivata la telefonata di Grillo e lui ha fatto marcia indietro. “Intendevo dire – ha precisato – che il candidato deve essere uno di noi, del nostro movimento”. Appunto, lo sfascio totale. Quello che vogliono Silvio e Beppe, uniti nella lotta.

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