Grecia, la miseria e il declino

Ciò che sta accadendo in Grecia dovrebbe indignarci quanto, e forse ancora di più, di ciò che sta accadendo in Turchia. Guai a chi dovesse cedere alla tentazione di iniziare a stilare classifiche dell’indignazione o della barbarie, ma una cosa è certa: attualmente, per instaurare un regime, esistono metodi assai più raffinati di quelli che furono utilizzati ottant’anni fa da Mussolini, Hitler e Franco. Come scrisse Montanelli, infatti, “oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’Inverno.

Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra di essi, sovrana e irresistibile, la televisione”. Per questo, pur non mettendo in discussione la legittimità democratica del governo Samaras, non possiamo che stigmatizzare con vigore la scellerata decisione di spegnere i ripetitori della ERT, la radiotelevisione pubblica greca, per giunta licenziando quasi duemilaottocento lavoratori considerati in esubero.
A quanto pare, non si tratta nemmeno di una decisione autonoma dell’esecutivo quanto, piuttosto, dell’ennesima, assurda imposizione della Troika: le stesse organizzazioni che hanno ridotto alla miseria e alla fame il popolo greco, le stesse organizzazioni che hanno gettato nella disperazione milioni di famiglie europee, le stesse organizzazioni che hanno finito col minare il concetto stesso di Unione Europea, trasformando in euroscettici persino popoli storicamente europeisti come quello italiano.

Per questo, avvertiamo il dovere morale, civile e politico di non tacere: perché qui non è in gioco solo il posto di lavoro di quasi tremila persone (il che, in un Paese stremato dalla disoccupazione, non è certo un fattore secondario) quanto, più che mai, il concetto stesso di democrazia. L’ennesimo disastro che vede protagonista la povera Grecia, difatti, rappresenta un precedente gravissimo per il Vecchio Continente: una di quelle scelte destinate a fare scuola, ad espandersi a macchia d’olio e ad iniettare nuovi germi autoritari in sistemi democratici sempre più fragili e sfiancati dalla crisi. Senza contare il colpo mortale che questa decisione del governo Samaras infligge ai princìpi fondanti di tutte le democrazie europee, sancendo di fatto che il valore imprescindibile della libertà di parola, d’espressione e d’informazione è un lusso che non possiamo più permetterci.
Saremmo, dunque, ipocriti se vi nascondessimo la nostra ansia e la nostra preoccupazione per ciò che sta avvenendo in Europa perché oramai da anni, all’evidente declino economico, si sta sommando un degrado culturale senza precedenti, assai più pericoloso per la tenuta sociale dei singoli paesi di quanto non lo sia l’andamento della Borsa o dello spread.
E saremmo ancor più ipocriti e mendaci se vi dicessimo che non abbiamo compreso il disegno delle lobbies che, in maniera più o meno occulta, condizionano le scelte di quasi tutti i governi occidentali. Il disegno, infatti, è chiarissimo e presuppone la totale scomparsa dei diritti, l’assoggettamento dei popoli a volontà esterne che nulla hanno a che vedere con il loro benessere e le loro prospettive per il futuro e il controllo globale o quasi sull’esistenza di ciascuno di noi.

Per questo, a quel famoso un per cento che, come denunciato dai ragazzi di “Occupy Wall Street”, vive e prospera alle spalle del novantanove per cento della popolazione la crisi va benissimo: perché gli consente di acquisire ancora più potere, ancora più ricchezza e ancora più strumenti di controllo, potendo far conto su alleati potentissimi quali la paura, la disperazione, il disincanto, la disillusione collettiva, la lenta e progressiva morte della politica, la scomparsa dei partiti, dei sindacati e di tutto ciò che essi rappresentano all’interno delle varie comunità e, naturalmente, la maggiore disponibilità di persone ridotte allo stremo ad accettare qualsiasi sopruso, qualsiasi vessazione, qualsiasi manovra economica, compresi provvedimenti che un tempo nessun parlamento e nessun governo si sarebbe azzardato a varare.
Per questo, a tutti coloro che continuano a ripeterci – chi in malafede, chi per semplice ingenuità – che siamo dei fissati, che non abbiamo capito il senso della modernità, che dobbiamo adattarci e che indietro, purtroppo, non si tornerà mai più rispondiamo e risponderemo sempre che tutti coloro che pensano di poter approfittare della crisi per mettere implicitamente a tacere le voci critiche troveranno in noi degli oppositori implacabili.

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