II Pd sbatte sugli scogli

ROMA – In un paese normale Anna Maria Cancellieri si sarebbe dimessa al momento in cui sono state rese node le sue dichiarazioni ai magistrati che la interrogavano in merito ai rappoprti con la famiglia Ligresti il cui capostipite, da  tempo, ha problemi con la giustizia, fino a condanne e arresti insieme ad altri membri della famiglia.

La ministra della giustizia non ha commesso alcun reato, non è allo stato indagata, non ha reso dichiarazioni false, la Procura di Torino non ha trovato nel suo operato motivi di ulteriori indagini ed ha trasmesso alla Procura di Roma gli atti relativi  per conoscenza. Quella telefonata in cui ha espresso, dice la ministra, la sua umana solidarietà ad una amica e poi altre telefonata al fratello del’arrestato che è anche suo medico personale, avrebbero avuto bisogno di una premessa. 

Epifani: quello che Cancellieri non ha detto ai suoi amici

Lo ha detto  Guglielmo Epifani intervendo alla Camera. Doveva far presente che una cosa erano l’amicizia, il senso di solidarietà umana  ma lei era un ministro della Repubblica italiana e che come tale si sarebbe comportata. “Il rispetto dei doveri – dice il segretario del Pd – come conviene al ruolo che ricopro. Le parole di Epifani, in un discorso molto teso, sofferto, non nelle sue abitudini per chi lo conosce molto bene, in cui ha dovuto difendere  l’operato del partito, richiamando la diversità di opinioni che sono venute alla luce fra i parlamentari e nel gruppo  dirigente. Sembrava ascoltando alcuni interventi,  dai Cinque  stelle, alla Lega, ad un furibondo Brunetta che  scaricava tutte le tensioni di questi giorni, la scissione, i falchi all’attacco, che sul banco degli accusati ci fosse il Pd e non la ministra  Cancellieri.

Una partita complessa di cui la ministra è solo una pedina

Il gioco era scoperto. Fa parte di una partita complessa di cui la ministra è solo una pedina. Solo un cieco poteva non vedere che l’obiettivo era  il governo. O meglio proprio Enrico Letta. E’ lui che va tolto di mezzo per aprire  nuove praterie, nuove strade, per dare spazio e sfogo a  ambizioni personali,a rivincite di  marca berlusconiana in attesa che il pregiudicato  decada da senatore. I media, gran parte perlomeno impegnati a sostenere nella corsa alla segretaria del Pd, Matteo Renzi,  hanno fatto la loro  parte. La campagna  pro Renzi che aveva fatto delle dimissioni della Cancellieri una delle sue bandierine, ha stranamente, ma non troppo, coinciso con nuove rivelazioni sull’operato della Cancellieri. Pagine e pagine per disquisire se è stata  la ministra a telefonare al suo amico e medico Ligresti  o se è stato Ligresti a chiamare. Non c’era bisogno di fare gli 007. Nei verbali sta scritto che alla Cancellieri  era arrivato un sms cui lei aveva risposto. Con un altro sms, con una telefonata. Ma davvero è questa la sostanza di una  vicenda che noi consideriamo, con Epifani, disdicevole per  un ministro che avrebbe dovuto  sempre premettere il suo ruolo di servitore dello Stato e non  di altri, seppure  amici cari.  Già ma tutto questo in un paese normale. Ma non in Italia dove solo una ministra la  Idem si è dimessa per una multa.

Solo la Idem si è dimessa, ma lei è tedesca

Lei è tedesca ha detto un politico di lungo corso come Valdo Spini.  Non c’è bisogno  di richiamare  il pregiudicato, ci sono parlamentari indagati, rinvia a giudizio. Se  non andiamo errati il presidente della Regione Sarda  è fra questi. Questo è il punto. Se Letta aveva avvertito quale era la partita che si giocava, che il governo era a rischio, che giovanotti e meno giovanotti, ambiziosi, avrebbero giocato tutte le carte del  banco, che il pregiudicato aveva “bisogno” di  dividere  il Pd, da una parte l’azione dei grIllini dall’altra gli arrabbiati di Forza Italia così li chiama Alfano, se tutto questo era noto, perlomeno nell’aria, il premier Letta avrebbe dovuto esercitare tutti i suoi è poteri di persuasione nei confronti della ministra, così come fece con la Idem. Non doveva andare in Parlamento, non si sarebbe dovuti  arrivare alla mozione  di sfiducia.  

L’intervento di Letta nei tempi supplementari

Enrico Letta non  avrebbe dovuto attendere  i minuti finali, o meglio i tempi supplementari, per rivolgersi alla assemblea dei parlamentari del Pd  facendo presente che la sfiducia a Cancellieri era la sfiducia al governo. La  partita, in questo modo era chiusa, non c’era alcuna possibilità di confronto, di dibattito.  Viene da chiedersi: ma non si poteva aprire un confronto vero  nelle sedi partito? Lo stesso Letta ha avvertito che sul problema c’erano posizioni diverse. Allora? Forse nel Pd sono oggetti ormai sconosciuti, il confronto, il dibattito, magari tenendo conto, visto che si stavano svolgendo i congressi di circolo, di quale sia l’opinione degli iscritti. Lasciando che le cose avessero un loro corso con dichiarazioni, interviste, contrapposizioni in pura chiave correntizia.

Più debole il governo, più deboli i Democratici

Ha detto Epifani, sconsolato, che il governo esce da questa vicenda  più debole. La parola rimpasto è risuonata, alta e forte, nei palazzi della politica. Più debole non solo il governo ma  il Pd che resta l’unico ancoraggio, l’unica speranza per uscire da una lunga recessione, non solo economica, segnata da strappi al tessuto democratico, da populismi pericolosi. Non può consentirsi di andare a sbattere sugli scogli, quando dovrebbe navigare in mare aperto. 

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