Primo Maggio. La Festa c’è, il lavoro no

ROMA – Ancora una volta in tanti Paesi, in ogni parte del mondo, secondo storie e tradizioni, sarà festa.

Una giornata tutta particolare con cortei, bandiere, concerti come quello  di Piazza San Giovanni, ormai da molti anni organizzato da Cgil, Cisl, Uil, che richiama a Roma  centinaia di migliaia  di giovani per molti dei quali si tratta del primo incontro con i sindacati. Festa e lotta sono le due parole che caratterizzano questa  giornata. Lavoro, salari, diritti sono le tre parole che in tante piazze del mondo, in tanti cortei, milioni di voci pronunceranno. In Europa questa giornata assume un carattere particolare. Fra poco meno di un mese si vota per eleggere  il nuovo Parlamento e la politica economica e sociale sarà  il centro dello scontro fra le forze  della conservazione  e quelle del progresso, fra chi vuole innovare profondamente  lasciandosi alle spalle  la politica dell’austerità pagata a caro prezzo dai lavoratori. Insieme si affaccia lo spettro dei populismi, di una destra razzista, xenofoba che facendo leva sulla esasperazione, disperazione è la parola più appropriata, di chi ha perso il lavoro e la speranza nel futuro,punta allo sfascio delle società democratiche. Sarà importante misurare il “clima” di questo Primo Maggio. E lo sarà particolarmente nel nostro Paese, duramente colpito dalla crisi di cui non si vede la fine e neppure cenni di ripresa. Non è un caso che la manifestazione centrale si svolga a Pordenone  con la vertenza  Electrolux ,simbolo di tutte le vertenze industriali aperte. Un “simbolo al fianco di altri” ha ricordato Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, richiamando  Piombino dove è stato spento l’altoforno di una fabbrica storica. E senza mezzi  termini o giri di parole afferma che sarà un Primo Maggio “caratterizzato dal lavoro che non c’è sopratutto per i giovani”.

E’ la festa della disoccupazione più che del lavoro

“E’ la festa della disoccupazione più che del lavoro”.  Parole amare. Ma non c’è rassegnazione, anzi.  I dati economici confermano che la crisi è ben lontana dall’essere affrontata con provvedimenti mirati alla crescita, allo sviluppo, crescita e sviluppo che devono significare lavoro. La disoccupazione è ferma al 12,7%, più 0,7 rispetto all’anno passato, 42,7 per quanto riguarda i giovani Non sarà certo il decreto del lavoro a creare nuovi posti, nuove opportunità. “Un errore di base,moltiplicare  forme di precarietà mentre si era annunciata una semplificazione“. Le promesse non creano lavoro, tanto meno le cosiddette riforme annunciate da Renzi,ultima in ordine di tempo quella della pubblica amministrazione. Ne licenzio cinque e ne assumo uno: questo il succo che riguarda i settori pubblici, servizi indispensabili,ove nell’arco di alcuni anni già  400mila dipendenti hanno perso il posto. Non c’è un progetto, non c’è una politica di investimenti, scelte di politica industriale. Non si  capisce neppure bene dove si “pensano”  decreti come quello sul lavoro e chi li pensa, visto che i sindacati sono tenuti ben lontano, al massimo vengono informati a cose fatte.

Renzi se ne faccia una ragione. Il Paese ha bisogno dei sindacati.

Matteo Renzi più volte ha affermato che “se i sindacati non  sono d’accordo, ce ne faremo una ragione”. La parola confronto, non solo informazione a posteriori, con le forze sociali è stata eliminata dal vocabolario del premier e dei ministri. Eppure Renzi è anche segretario del Pd,ci sono ministri del Pd, partito che aderisce al Pse, che ha come capolista alle elezioni europee Martin Schulz. E il programma dei socialisti europei prevede il rapporto con le forze sociali come uno dei capisaldi del suo programma.   Sarà questo uno dei temi della giornata del Primo Maggio. I sindacati vivono  un momento non facile. La crisi ha colpito pesantemente il mondo del lavoro, la disoccupazione in particolare tiene lontani i giovani, reggono il peso i pensionati con straordinario impegno, c’è  bisogno di rinno vamento, di adeguare le politiche contrattuali alle innovazioni e alle trasformazioni.

Ma una straordinaria forza di democrazia non  può essere tenuta ai margini della vita politica. Un dato vale più di mille discorsi. Il 6 maggio si apre il congresso della Cgil. E’ stato preparato con 41 mila assemblee, 200mila interventi, un straordinario esercizio di democrazia. Ne ha bisogno il Paese.  Renzi se ne faccia una ragione. Non può essere il segretario di un partito che aderisce al Pse a mettere nell’angolo una forza  che in più occasioni ha salvato la democrazia,  ha evitato che l’Italia cadesse nel baratro.  E l’inizio di campagna elettorale, vedi Grillo e Berlusconi, all’insegna dei un linguaggio violento, eversivo, non dice niente di buono.

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