Violenza donne. Non basta una giornata. Per abbattere i luoghi comuni bisogna lottare

ROMA – L’onda dell’indignazione contro la violenza sulle donne  travolgerà domani giornali, televisioni, radio e social network: messaggi di sdegno, solidarietà, manifestazioni e cortei per le 179 donne vittime di violenza nel 2013, per quelle dimenticate, per quelle che verranno.

Ma, seppure indire una giornata mondiale contro la Violenza delle donne sia un atto necessario per destare l’attenzione delle Istituzioni e svegliare le coscienze, se questa indignazione si riduce alla conta delle uccise e alle immagini di volti tumefatti e intanto i progetti per l’educazione di genere nelle scuole non vengono avviati, la donna non potrà mai riscattarsi dall’ aura di fragilità, dal bisogno di protezione a lei associato, che è alla radice dello stesso sistema secolare di diseguaglianze. È una lotta, questa, che non può combattersi solo per simboli. Perché no, partecipare ad un corteo, indossare una sciarpa rossa, non avrà alcun valore quando metà della popolazione femminile è in trepidante attesa del prossimo trailer di 50 sfumature di grigio: l’ormai troppo famoso best seller che ha stregato milioni di donne in tutto il mondo, inno alla sottomissione femminile.

Dall’ultimo rapporto Eures una donna su due cade sotto la scure della violenza maschile. 

La risposta delle istituzioni è evidentemente inefficace, nonostante la legge 119/13 inasprisca le pene per i reati di violenza sulle donne, nonostante la Convenzione di Istanbul del 2011, primo atto vincolante gli stati dell’Unione europea in materia, sia stata ratificata già da tempo in Italia.  

Cosa fare? Potenziare la rete di centri antiviolenza, istituire un piano legislativo efficace che incida soprattutto sull’aspetto culturale:per un italiano su tre, la violenza è un fatto privato da risolvere dentro le mura domestiche, per uno su quattro se una donna resta con il marito che la picchia diventa corresponsabile della violenza. Ma non è solo la mentalità maschile a dover cambiare. E’ scioccante, infatti, sapere che il 79% delle donne pensi che una reazione violenta ad un tradimento sia legittima, che per il 78% per evitare di subire violenza bisognerebbe astenersi dall’indossare abiti provocanti. Contro questi luoghi comuni duri a morire bisogna lottare. Contro lo stereotipo della disponibilità femminile, che segna la donna come un oggetto di cui si possa liberamente disporre  e servire.

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