Grecia. All’unione Europea non piace la democrazia. L’Europa è dei popoli

ROMA – Il problema e’ che all’Unione Europea non piace la democrazia. Il cuore vero della questione a poche ore dal referendum e’ tutto qui, in questa considerazione realistica, oggettiva, del tutto politica, di Yanis Varoufakis.

Si agita la paura, si fa leva sul ricatto, si lucra sul dolore sociale, si esercita l’arte viziosa della menzogna da parte dei governi, e quella ossequiosa di tanta parte del circuito mediatico al volere delle oligarchie di Bruxelles, per esorcizzare la questione vera che da anni, non da oggi, e’ dinanzi a questa indefinita e inconclusa Europa: dove sta mai la sovranita’? E chi la esercita? Chi e in nome di chi? Lo snodo europeo e’ situato precisamente qui.

 La consultazione spiega bene il recente passato di questa Europa comunitaria, dalla costruzione della moneta unica alle scellerate e fallimentari politiche di austerita’ imposte di fronte alla crisi, sin dalla sua origine. Dove troviamo prima di tutto la crisi delle banche, non della Grecia, l’abbiamo dimenticato? Ma questo stesso snodo della sovranita’, della democrazia, e’ quello che puo’ decidere se mai ci potra’ essere, d’ora in avanti e oltre questa crisi che puo’ dissolverla, un’altra e diversa Europa, della cooperazione, della solidarieta’, dell’eguaglianza sociale e dei diritti condivisi. E’ ora di dire che non c’e’ economia, non c’e’ finanza, non c’e’ alcuna politica degna di chiamarsi comunitaria, se questo snodo della sovranita’ e della democrazia viene messo all’angolo. Per questo va contrastata alla radice l’argomentazione di Angela Merkel, elogiata da tante parti in maniera bipartisan, secondo cui “se fallisce l’euro, fallisce anche l’Europa.

In discussione, e sul tappeto, non c’e’ questa alternativa, come pure l’insieme dell’armamentario massmediatico tende a far credere. Alexis Tsipras ha vinto sei mesi fa le elezioni sulla base di un programma europeista, favorevole al mantenimento e al rafforzamento della moneta unica, con l’impegno preso col popolo greco di condividere con esso il senso di futuro, cioe’ di deciderlo insieme, democraticamente. Finche’ non si torna, e non si lavora, a questa idea di Europa non ci potra’ essere ne’ uscita dalla crisi ne’ un futuro vero del Continente. Finche’ i debiti delle banche, templi sacrali della modernita’ turbo capitalista, prenderanno il posto nell’agenda dei governi degli investimenti, dell’occupazione, di un nuovo modello di produzione e di consumo, cioe’ dell’economia reale che riguarda le persone, l’Europa non uscira’ dalla palude e il declino risultera’ la sua unica triste prospettiva.

Rifiutandosi di aprire il capitolo della ristrutturazione del debito e proponendo, meglio imponendo, un piano che produrra’ altra pesante recessione, la Germania e gli altri paesi che l’assecondano, primi tra i quali l’Italia di Renzi e la Francia di Hollande (“mezze figure dispensatori di generici buoni sentimenti”, per usare l’espressione di Fitoussi), pone a rischio quel che ancora resta dell’integrita’ europea, e con essa – proprio loro e non il governo greco – il destino dell’euro. A tutto questo si deve dire no, e per questo bisogna essere li’, come noi saremo.  Al fianco di un popolo stremato, tradito, impaurito. Per costruire insieme il senso di una solidarieta’, di una fratellanza, di una comunita’ di destino. Perche’ e’ impastando insieme questi ingredienti che si costruisce, nell’esercizio della sovranita’ democratica, l’Europa dei popoli. 

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