In Francia soffia l’aria del populismo. E in Italia?

ROMA – Quasi tutti gli studiosi dei fascismi europei – da Angelo Tasca a Emilio Gentile e Renzo De Felice, da Franz Neumann a Norbert Frei fino a chi scrive – hanno sottolineato la vicinanza tra populismo e fascismo.

Ma è abbastanza evidente che l’egualitarismo populista assomiglia assai più a quello fascista – concentrandosi come fa sull’egualitarismo delle uniformi, dello stile di vita e del modo di essere – piuttosto che all’egualitarismo liberale e democratico.

Il populismo, possiamo dirlo, rappresenta la corrente antiliberale più forte che si sia affermata nel diciottesimo e diciannovesimo secolo e abbia avuto la forza di continuare anche nei due secoli successivi. L’egualitarismo che talora sembra apparire nei regimi populisti è lontano dall’egualitarismo che si afferma nella democrazia .

Il fenomeno populistico è riemerso con la vittoria delle due Le Pen nelle elezioni regionali in Francia e di fronte alle crisi belliche come a quelle economiche e sociali come una reazione al senso di frammentazione della società. Ed è riemerso dopo la fine della crisi della fine degli anni Ottanta, quando è crollata l’Unione Sovietica e il vero e proprio impero costruito da Stalin e proseguito dai suoi continuatori. Ed oggi populistici sono nella parte centro-orientale dell’Europa, in molti Stati che fanno parte o sono confinanti con l’Unione Europea. La forte pulsione unanimistica che caratterizza i populismi, la politica scompare o riappare all’interno di regimi trasformisti o di regimi di tipo tecnocratico. E anche se non si può parlare di dittature del vecchio genere novecentesco, i regimi populistici risultano spesso opprimenti per i Paesi in cui si affermano e sono in grado di resistere ai frequenti conflitti che ne derivano.

E, nell’Italia succeduta alla seconda guerra mondiale, si colgono germi di populismo anche nel quindicennio precedente l’affermazione di Silvio Berlusconi prima di trovare nell’uomo di Arcore l’atmosfera e gli strumenti che hanno caratterizzato l’intero, successivo ventennio. Già negli anni Ottanta con il leader socialista Bettino Craxi si sperimenta quel rapporto tra il capo carismatico che tutto sceglie e decide e un numero molto grande di persone che in tutto e per tutto dipendono da quelle decisioni. Non contano più le liste da votare all’interno del partito per scegliere i capi intermedi o i capilista, perché è soltanto la volontà del leader  che individua i suoi collaboratori e quelli che occuperanno posti di rilievo negli enti pubblici o nelle compagini ministeriali. Ed è in questi anni che si affaccia e poi si afferma l’astro di Silvio Berlusconi che vanta già ottimi rapporti con Andreotti e la sua corrente e che trova ora nel leader del Garofano socialista un nuovo referente importante per i suoi affari.

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