Il P.C.I. e la riforma “Boschi”

ROMA – Ho militato per diversi anni nel Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer e ricordo perfettamente che era convintamente monocameralista come lo ero io e come lo sono tutt’ora.

Quasi tutte le anime del partito propendevano per il monocameralismo. Era, di fatto, la posizione politica dagli anni ottanta. Un atteggiamento progressista e di rinnovamento democratico delle istituzioni alternativo alla riforma presidenzialista di cui era massimo fautore Bettino Craxi e il partito socialista italiano di allora. Ora, io mi domando e dico: cosa centra il monocameralismo del Pci di allora con la riforma costituzionale dell’attuale governo in carica? Nulla! Proprio nulla! Il monocameralismo che ricordo io, oggetto di accesi dibattiti nelle sezione di partito, si fondava sulla netta e ferma abolizione del Senato. Se leggo ancora bene, mi pare che nel testo sottoposto al referendum popolare di ottobre, invece, il Senato rimane in vita! Non sarà più eletto dai cittadini, ma dai consigli regionali. E’ onesto ricordare, inoltre, che il monocameralismo del Pci di allora prevedeva la legge proporzionale. La riforma in atto, invece, prevede il sistema super-maggioritario del c.d. Italicum. Il mio Pci – ricordo benissimo – era per la assoluta ed intransigente centralità del Parlamento e delle assemblee elettive, come espressione massima di democrazia e di partecipazione popolare. La riforma “Boschi” non mi sembra persegua questi obiettivi. Usare gli argomenti e le proposte di Berlinguer e del Pci di allora per sostenere il progetto del governo attuale è senza dubbio un errore oltre ad essere una simulazione storica. 

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