Aeroporti, le fabbriche dei cieli. Ma oltre la divisa c’è di più

In questi ultimi mesi, si è tornato a parlare dei lavoratori aeroportuali e nello specifico di quelli di Alitalia, a partire dal rinnovo della divisa che ha fatto eco per molto tempo, agli immaginati privilegi che in modo strumentale vengono rappresentati per attaccare le mobilitazioni dei lavoratori

ROMA – Sarebbe invece importante che si sapesse che dietro le divise dei lavoratori aeroportuali, delle hostess, ma anche dei lavoratori dello scalo, come di quelli delle attività commerciali, del pulimento e degli operai, c’è molto di più.
C’è un mondo, quello aeroportuale, che ha fatto da modello alle più grandi trasformazioni del mondo del lavoro. Un mondo fatto di oltre 15.000 licenziamenti e precarietà di vita, di sfruttamento e abbassamento dei diritti, in cui si è ridisegnato il mercato del lavoro, sviluppando forme di lavoro atipico e dove le donne, più di tutti, vivono il ricatto fra lavoro e tutele. Basti pensare che il progetto di ricollocazione, oggi ampliato a tutto il lavoro privato, è stato studiato, proprio sui lavoratori licenziati da Alitalia Cai nel 2014. 

Quelle che un tempo erano professioni ambite oggi stanno diventando sempre più attività svilite di professionalità’. Gli aeroporti si stanno trasformando in grandi centri commerciali, dove, nonostante il continuo aumento di traffico e la previsione di sviluppo del trasporto aereo italiano, i tagli all’occupazione procedono di pari passo a quelli ai diritti.
L’ immagine è al primo posto e si obbligano, soprattutto le lavoratrici, a canoni estetici sempre più discriminatori a discapito dell’ esperienza e della professionalità e questo vale per i naviganti, ma anche per chi assiste i passeggeri allo scalo, o addirittura chi deve fare i controlli di sicurezza.

I lavoratori, raccontano delle ispezioni cui sono sottoposti e delle pressioni che hanno dai propri capi, sull’immagine e sul fatto di dover sorridere al passeggero. Peccato che non ci sia stata la stessa preoccupazione quando durante l’incendio del terminal di Fiumicino, i lavoratori furono costretti a lavorare in condizioni evidentemente difficili, protetti da mascherine di carta.

Un tempo la formazione era molto più incentrata all’assistenza del passeggero che all’immagine, ma si sa, i tempi cambiano e in quest’era del “mordi e fuggi” è più importante ciò che appare, della sostanza.

Il problema sta nella totale deregolamentazione del trasporto aereo, la scalata delle compagnie Low Cost e la politica degli appalti al ribasso dentro gli aeroporti hanno portato allo svilimento della professionalità e una spinta forte alla competizione gli uni contro gli altri. E di questo i lavoratori ne sono vittime, spesso inconsapevoli. 

Il trasporto aereo più di ogni altro settore, ha avuto una storia fatta di privatizzazioni selvagge, di  Good Company e Bad Company, di salvataggi di banche e distruzione di migliaia di posti di lavoro a partire dalla vecchia Compagnia di bandiera, a Meridiana, alle centinaia di aziende aeroportuali che dopo decine di anni di lavoro, dal giorno alla notte  hanno mandato a casa i propri dipendenti, abbandonandoli alla preoccupazione di non riuscire a trovare mai  più un posto nel mondo del lavoro. Purtroppo, in questo momento in cui  il profitto è sempre al primo posto, molte delle responsabilità appartengono al sindacato confederale, che ha ceduto alle richieste padronali e al Governo che ha permesso la “svendita” di un pezzo importante dell’industria italiana. 

Sarebbe importante che si cominciasse a capire che dietro ogni divisa ci sono persone fatte di carne e sangue che con la loro competenza fanno volare in sicurezza gli aeroplani, e con la loro cortesia fanno degli aeroporti un luogo tra desiderio e realtà. Tuttavia, di questa storia interessa molto meno, si preferisce pensare ai dipendenti, come un costo per le aziende, anche quando i fatti rappresentano il contrario.

Sarebbe importante che si tornasse a capire che ogni fabbrica, anche quella dei cieli, è fatta del lavoro e della dignità di tanti uomini e donne.

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