Il giornale di carta non va in paradiso: quotidiani e periodici dall’edicola all’Ipad

ROMA – E’ indicativo che a un convegno sulla formazione giornalistica – che ha visto riuniti nella capitale firme note come Aldo Cazzullo del Corriere della sera, Antonio Padellaro de Il fatto Quotidiano, Maurizio Molinari de La stampa – sul tema della crisi dell’industria della carta stampata e il graduale traslocare di quotidiani e periodici dall’edicola all’Ipad, la platea non fosse nutrita: quasi si trattasse di argomento scontato e di scarso interesse. Eppure in una società che evolve, il dettaglio insito in ogni cambiamento svela continenti inesplorati, suggerisce soluzioni.

In una video-intervista David Randall, giornalista britannico, autore di The Universal journalist e di The great reporters, ha parlato con malinconia dei suoi trascorsi all’Observer e all’Indipendent on Sunday, e di un mondo il cui funerale vede nella chiesa londinese di St Bride. Qualcuno ha evocato lo scrittore e docente statunitense Philip Mayer, il quale sostiene che nel 2043 non esisterà più un giornale di carta.  

Pure, se sono in declino alcuni strumenti dell’informazione, nel trapasso dal vecchio al nuovo si profilano offerte insospettate. Non a caso, su uno schermo, sono scorsi spezzoni de “Il caso Spotlight”, film che ha vinto l’Oscar nel 2016. Una storia vera, il cui titolo prende spunto dal nome del team di giornalisti d’inchiesta del Boston Globe, che si riassume così: pochi mesi prima dell’11 settembre 2001 al quotidiano di Boston, città largamente cattolica, arriva Marty Baron, un nuovo direttore. Tra le sue prime iniziative, c’è l’assegnazione al “team Spotlight” di un’indagine sui preti che a Boston, in passato, avevano abusato di minori provenienti da famiglie psicologicamente disagiate. Dopo le denunce molti bambini avevano avuto la vita segnata, alcuni si erano suicidati, ma non c’era stato alcun seguito giudiziario. I giornalisti iniziano a indagare con passione finché, oltre la punta dell’iceberg, emergono precise responsabilità della Chiesa per l’insabbiamento di un problema con percentuali tali da essere classificato come psichiatrico. Tale inchiesta valse al giornale il premio Pulitzer nel 2003. Il film testimonia un momento molto alto dell’informazione: proprio negli anni in cui le rotative di carta cominciavano a temere la concorrenza del web, quello del Boston Globe è il cambiamento di pelle più efficace della stampa, dove la necessità di esistere supera ogni parametro di contenimento. Il giornalismo cioè si fa “racconto della realtà” e, per sopravvivere, non si omologa a essa ma la disvela, diventando indispensabile.

Molti professioniti da qualche tempo rilevano l’aspetto della inaffidabilità d’internet e della necessità di rendere autorevole e certa l’informazione. In un mare magnum che produce contenuti-spazzatura la stampa online di qualità può diventare imprescindibile.  Una legge di natura alla quale non sfugge nessun settore.

Marco Tarquinio, direttore dell’Avvenire non s’iscrive al club dei sostenitori della fine della carta. Del resto come darlo per scontato? Curioso che il meeting finisca lasciando la parola ai giovanissimi redattori di Scomodo, un mensile di informazione, nato nell’agosto del 2016 dalla volontà degli studenti medi e universitari di creare un nuovo modello giornalistico e culturale. Scomodo, esclusivamente cartaceo, è frutto del lavoro congiunto di una redazione composta di 200 ragazze e ragazzi: a oggi ha sessanta pagine, ne sono stampate 7500 copie ogni mese, gratuite e senza alcuna pubblicità, ed è distribuito in oltre 120 tra scuole, università e “Punti Scomodi”, in altre parole luoghi di cultura e aggregazione su tutto il territorio romano e non solo. Scomodo è riuscito a trovare i fondi per la pubblicazione cartacea attraverso il crowd founding.

Rilevante che adolescenti digitali abbiano scelto la carta per veicolare le loro idee. Forse perché meglio si presta a temi lunghi e riflessivi? Personalmente, per quanti e-book mi sia capitato di leggere, non c’è niente che possa eguagliare il piacere di sfogliare le pagine, soprattutto se il tomo è voluminoso. Insomma, nel web o non, conta quello che si dice e il modo in cui lo si dice: eccellenza è sinonimo di sopravvivenza.

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